L’industria creativa è sotto assedio e questa volta il fronte della battaglia è uno dei più iconici studi d’animazione giapponesi: Studio Ghibli. Dopo l’ennesima esplosione virale su internet, che ha visto gli utenti generare in massa immagini nello stile Ghibli con ChatGPT, il passo successivo sembra quasi inevitabile: una querela per violazione del copyright contro OpenAI.
Negli ultimi giorni, i social sono stati inondati da immagini che sembrano uscite direttamente dai film di Hayao Miyazaki, ma che in realtà sono il frutto di algoritmi avanzati e GPU al limite della fusione. Ci siamo trovati di fronte a un vero e proprio fenomeno di “Ghiblificazione”, con utenti che hanno trasformato tutto in arte nello stile dello studio giapponese: fotografie di famiglia, meme, marchi famosi e persino icone del cinema come Star Wars. Il risultato? Un misto di entusiasmo creativo e una tempesta legale all’orizzonte.
Mentre OpenAI lotta con l’enorme richiesta e limita temporaneamente la generazione di immagini, Studio Ghibli probabilmente non sta festeggiando. Se dovesse intentare una causa, è probabile che il danno economico venga stimato in cifre da capogiro, anche se la vera perdita potrebbe non essere immediatamente quantificabile. Non è il futuro dei lungometraggi di Ghibli a essere minacciato, ma piuttosto il mercato delle piccole licenze: merchandising, puzzle, carte da gioco e tutti quei prodotti derivati che generano introiti costanti. In altre parole, OpenAI non ha ancora la capacità di replicare la magia di un film di Miyazaki, ma ha già iniziato a erodere il valore commerciale dello stile Ghibli.
Tuttavia, c’è una grande differenza tra il danno percepito e quello effettivo. In passato, anche la Disney ha dovuto affrontare la perdita del copyright su Winnie the Pooh, ma il colosso dell’intrattenimento non è crollato per questo. Ghibli potrebbe subire delle perdite nel breve termine, ma il marchio ha un’aura che un’IA, per quanto avanzata, non può replicare completamente.

La vera domanda è: Ghibli riuscirà a ottenere una vittoria legale contro OpenAI? Difficile. OpenAI ha le risorse per trascinare la questione nei tribunali per anni, e il concetto di “fair use” potrebbe essere la chiave per evitare risarcimenti significativi. La causa del New York Times contro OpenAI è ancora in corso, ma anche se dovesse ottenere un minimo di successo, è improbabile che porti a una vittoria netta per i creatori di contenuti tradizionali.

L’arte non scompare con l’innovazione, ma si adatta. E forse, paradossalmente, questa ondata di contenuti generati dall’IA potrebbe persino riportare pubblico verso i film originali di Ghibli. L’effetto nostalgia, amplificato dalla viralità delle immagini AI, potrebbe spingere molti a riscoprire capolavori come La città incantata o Il castello errante di Howl.

In fondo, come ci ha insegnato Princess Mononoke: “La vita è sofferenza. Il mondo è maledetto. Ma troveremo sempre un motivo per andare avanti.”