Washington e Bruxelles, nel loro tentativo miope di contenere la crescita di Cina e Russia, hanno finito per ottenere esattamente il contrario: un’alleanza strategica tra Pechino e Mosca che sta ridefinendo l’ordine mondiale. La cosiddetta “asse della sovversione” – che include anche Iran e Corea del Nord – è in realtà un aggregato eterogeneo in cui solo la partnership sino-russa conta davvero. E, ironia della sorte, se non fosse stato per la politica aggressiva e sanzionatoria dell’Occidente, probabilmente Pechino e Mosca sarebbero rimaste più distanti.

Dopotutto, la Cina è un colosso industriale che ha sempre preferito l’Occidente come mercato e fonte di tecnologia. La Russia, invece, è una superpotenza energetica che si sarebbe accontentata di vendere petrolio e gas all’Europa. Ma le guerre economiche e le sanzioni imposte dagli USA e dall’UE hanno chiuso qualsiasi altra opzione. Mosca è stata costretta a dirottare il suo commercio verso Oriente, e Pechino ha trovato in Putin un partner strategico che, seppur ingombrante, è essenziale per la stabilità delle sue forniture energetiche e per la sicurezza geopolitica.

L’illusione di poter dividere Cina e Russia è ormai svanita. Donald Trump lo ha capito, dichiarando di voler “disunire” i due giganti eurasiatici. Ma il tempo delle spaccature è finito. Anche se gli USA dovessero regalare a Putin parte dell’Ucraina su un piatto d’argento, la Russia non romperà con la Cina. Il Cremlino ha imparato che l’Occidente è inaffidabile e che ogni tregua con Washington è temporanea e opportunistica.

E se fino a poco tempo fa Mosca sembrava un peso per Pechino – con il suo conflitto in Ucraina che destabilizzava il commercio globale – oggi il quadro è cambiato. La guerra ha mostrato i limiti della deterrenza occidentale, ha accelerato la militarizzazione dell’Europa e ha creato le condizioni per una riorganizzazione del sistema globale. Il vero risultato non è stato tanto la conquista di territori ucraini, quanto l’indebolimento dell’Unione Europea e la crescente frattura all’interno della NATO.

La NATO stessa, che fino all’anno scorso sognava un’espansione nell’Indo-Pacifico per contenere la Cina, è ora in crisi. L’Europa si sta preparando a difendersi da sola, con Francia e Germania che spingono per una difesa autonoma. Nel frattempo, i partiti di estrema destra, sempre più influenti in Europa, guardano con simpatia a Mosca più che a Kyiv.

Il vero trionfo di Putin non è solo la resistenza alla pressione economica occidentale, ma il fatto che l’Occidente stesso si sta sgretolando dall’interno. Mentre gli USA sono paralizzati dalla polarizzazione politica e l’UE lotta con la crisi economica e sociale, l’asse sino-russo si rafforza.

E non è solo una questione di diplomazia. L’economia della Russia è basata sulle materie prime, quella della Cina sulla manifattura. Un’alleanza strategica tra i due crea un sistema autosufficiente capace di competere con l’Occidente. Il blocco BRICS sta già lavorando per creare un’alternativa al sistema finanziario dominato dal dollaro.

Gli strateghi occidentali dovrebbero ricordare una vecchia teoria geopolitica: chi controlla l’Eurasia controlla il mondo. A lungo questa è stata solo un’ipotesi accademica. Ma oggi, con Mosca e Pechino che consolidano la loro influenza su questa immensa regione, sta diventando una realtà. E l’Occidente? Non può fare altro che osservare, diviso e in declino, mentre il baricentro del potere globale si sposta inesorabilmente verso Est.