Se c’è una certezza nel panorama dell’intelligenza artificiale, è che la corsa allo sviluppo di modelli sempre più avanzati ha preso la forma di una competizione geopolitica senza esclusione di colpi. Eppure, secondo Zeng Yi, membro del comitato consultivo AI delle Nazioni Unite e professore dell’Accademia cinese delle scienze, questa impostazione potrebbe essere il più grande errore strategico di Washington.
Durante il Boao Forum for Asia, Zeng ha criticato l’atteggiamento degli Stati Uniti nel voler escludere la Cina dai network internazionali di sicurezza per l’IA, definendolo “una decisione molto sbagliata”. Il messaggio di fondo è chiaro: la sicurezza nell’IA non può essere un gioco a somma zero, e se le due superpotenze non trovano un terreno comune, il rischio è che si creino standard divergenti, regolamentazioni incompatibili e falle pericolose nella governance dell’IA.
Da anni, il dibattito attorno all’intelligenza artificiale oscilla tra due estremi: da un lato l’urgenza di sviluppare sempre nuovi modelli, dall’altro la paura che questi possano sfuggire al controllo umano. Il vero nodo, secondo Zeng, è che sicurezza e sviluppo non sono incompatibili. “Possiamo garantire la sicurezza mantenendo le capacità”, ha affermato, ribaltando la classica narrativa secondo cui le regolamentazioni sarebbero solo un freno all’innovazione.
Ma il problema è che, mentre gli Stati Uniti rafforzano le proprie alleanze in ambito IA escludendo la Cina, Pechino si sta muovendo rapidamente per definire le proprie regole del gioco. E lo sta facendo con un mix di pragmatismo e velocità che l’Unione Europea, con il suo lento processo normativo, fatica a eguagliare.
A gennaio, il modello DeepSeek ha dimostrato che la Cina può competere ai massimi livelli nell’IA generativa, portando innovazioni a basso costo che potrebbero riscrivere le dinamiche di mercato. A maggio, invece, gli USA hanno guidato la creazione di una rete internazionale di istituti per la sicurezza dell’IA, escludendo Pechino. Una mossa che, secondo Zeng, dimostra perché sia fondamentale che piattaforme come l’ONU garantiscano un dibattito inclusivo e globale.
Il governo cinese, nel frattempo, si sta posizionando come promotore di un’IA “responsabile”, con iniziative di formazione nei paesi in via di sviluppo e una rete di ricerca che coinvolge le nazioni della Belt and Road Initiative. Un’apertura che Zeng contrappone alla strategia americana, sottolineando che Pechino non ha escluso nessuno dai suoi progetti.
Ma al di là delle dichiarazioni di facciata, il nodo rimane sempre lo stesso: senza un accordo sulle regole globali dell’IA, il mondo rischia di dividersi in blocchi con standard incompatibili, rendendo più difficile una governance efficace della tecnologia.
E mentre la politica gioca la sua partita, il mercato si muove più velocemente delle istituzioni. Jiang Xiaojuan, ex membro del Consiglio di Stato cinese, ha sottolineato come il modello DeepSeek abbia già scardinato il concetto di monopolio, aprendo la porta a una competizione più aperta. E dove c’è vera concorrenza, molte questioni potrebbero risolversi senza il bisogno di lunghe e fumose discussioni diplomatiche.
Se gli USA e la Cina continueranno a trattare l’intelligenza artificiale come un nuovo fronte della guerra fredda tecnologica, il rischio non sarà solo quello di una frammentazione del mercato, ma di un futuro in cui la sicurezza globale dell’IA sarà minata da politiche miopi e rivalità sterili. E in questo scenario, nessuno ne uscirà vincitore.