Mentre il tempo scorre e la scadenza del 5 aprile imposta da Trump per la cessione delle operazioni statunitensi di TikTok si avvicina, i potenziali acquirenti si affannano a mettere insieme un piano che abbia un senso. Il problema? Nessuno di loro ha le risorse per gestire un colosso digitale da 170 milioni di utenti senza un’infrastruttura cloud adeguata. E così si aprono le danze per il grande ballo del cloud computing, con Oracle come prima ballerina e Microsoft e Google che cercano di infilarsi nel pas de deux.

Oracle è già il partner cloud di TikTok negli Stati Uniti, e la sua posizione di vantaggio è indiscutibile. Ma gli altri pretendenti al trono sanno che un cambio di proprietà potrebbe rimescolare le carte, e così si stanno muovendo per strappare un pezzo della torta. D’altronde, ByteDance, la società madre di TikTok, è uno dei più grandi clienti di Oracle, e perderlo non sarebbe una passeggiata per l’azienda di Larry Ellison. Il problema è che questa partita non si gioca solo sul tavolo del business, ma anche su quello della geopolitica, con Washington e Pechino a tirare i fili di una marionetta che rischia di strapparsi da un momento all’altro.

Il governo statunitense non ha ancora deciso quale offerta accettare – sempre che ce ne sia una che superi il test di fedeltà alla bandiera a stelle e strisce. Oracle sembra la favorita, anche perché ByteDance la preferisce come partner per evitare di perdere del tutto il controllo dell’app. Ma qui entra in gioco il Congresso, che non vede di buon occhio un accordo che lasci TikTok con anche solo un dito cinese sulla tastiera. La legge firmata lo scorso anno era chiara: o TikTok si separa completamente da ByteDance o se ne va dagli USA. Quindi, qualsiasi soluzione che mantenga un legame con la Cina è destinata a scatenare un’ennesima guerra politica.

Nel frattempo, investitori statunitensi di peso come KKR, General Atlantic e Coatue Management stanno valutando di unirsi a Oracle per una cordata che salvi TikTok dal bando. Ma anche qui le incognite non mancano: una volta acquisita la piattaforma, chi la gestirà operativamente? Chi garantirà la continuità tecnologica? E soprattutto, chi pagherà il conto del cloud?

Dal 2020, TikTok archivia i dati degli utenti americani sui server di Oracle negli Stati Uniti e ha persino concesso alla società di esaminare il suo algoritmo, un’operazione di facciata ribattezzata “Progetto Texas” per far sembrare che i dati fossero protetti dal controllo cinese. Peccato che, dietro le quinte, TikTok continui a utilizzare anche i servizi cloud di Google, Microsoft e Amazon per le sue operazioni globali, dimostrando che il “recinto” americano è tutt’altro che ermetico.

E non è la prima volta che il destino di TikTok è in bilico. Nel 2020, Microsoft aveva tentato di acquistare le operazioni statunitensi della piattaforma, salvo poi vedersi soffiare il piatto da Oracle e Walmart, che avevano ideato un piano talmente contorto da implodere su se stesso dopo la sconfitta di Trump alle elezioni. Oggi la storia si ripete con nuovi attori, ma lo stesso copione: un’acquisizione forzata, una battaglia tra colossi del cloud e l’ombra di Pechino a rendere tutto più complicato.

Tra i nuovi pretendenti spuntano nomi meno noti, come il consorzio guidato da Jesse Tinsley di Employer.com o il finanziere Frank McCourt, ex proprietario dei Los Angeles Dodgers, che vorrebbe acquistare TikTok con la sua società Project Liberty e ha già dichiarato che si affiderà a Oracle per la gestione cloud. Ma dichiararlo è una cosa, farlo è un’altra, visto che le trattative sono ancora in alto mare e ogni decisione dipenderà dalla benedizione del governo statunitense.

Nel frattempo, l’instabilità si fa sentire anche dentro TikTok: i dirigenti iniziano a saltare come pedine di una scacchiera impazzita. L’ultimo a mollare è Blake Chandlee, responsabile vendite pubblicitarie e marketing, che se ne andrà il 1° aprile (ironico, no?). Sarà sostituito da Nathaniel Brown, ex Warner Bros. Discovery, che si troverà a gestire le comunicazioni aziendali globali di una piattaforma il cui futuro è più incerto che mai.

Insomma, il destino di TikTok USA è un mix esplosivo di politica, business e tecnologia, con un finale ancora tutto da scrivere. L’unica certezza? Qualunque sia il verdetto, il vero vincitore sarà chiunque riuscirà a mettere le mani sui dati e sulla gigantesca infrastruttura cloud che tiene in piedi il fenomeno social del momento. E in un mondo dove i dati sono il nuovo petrolio, questa battaglia è molto più di una semplice vendita forzata: è una guerra per il controllo dell’informazione digitale globale.