Il 25 marzo 2025, il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha compiuto un passo significativo nella sua politica di contenimento nei confronti della Cina, aggiungendo ben 80 entità alla sua “entity list”. Si tratta di una mossa senza precedenti che segna un nuovo capitolo nella guerra tecnologica tra le due superpotenze, specialmente nel settore dell’intelligenza artificiale e dei supercomputer avanzati.

Questo intervento, il primo di una lunga serie iniziata con l’amministrazione Trump, ha avuto ripercussioni immediate, con Pechino che ha condannato fermamente l’azione e accusato Washington di voler manipolare la sicurezza nazionale per i propri scopi geopolitici.

L’inserimento di 80 organizzazioni nella lista nera ha coinvolto oltre 50 realtà cinesi, accusate di danneggiare gli interessi di sicurezza nazionale e politica estera degli Stati Uniti. Tra le aziende vietate vi sono alcune delle più potenti del settore tecnologico cinese, comprese quelle coinvolte nello sviluppo di intelligenza artificiale avanzata, supercomputer e chip ad alte prestazioni utilizzati in ambito militare.

Ma la vera novità di questa aggiunta alla blacklist è l’intenzione di bloccare l’accesso delle aziende cinesi alle tecnologie americane più avanzate, inclusi i sistemi di calcolo exascale, che hanno il potenziale di elaborare enormi quantità di dati a velocità straordinarie, e le tecnologie quantistiche, sempre più strategiche nella corsa globale per il dominio tecnologico.

Le Implicazioni della Mossa Americana: Un Gioco a Tre Dimensioni

Questa nuova ondata di restrizioni si inserisce in un contesto di crescente rivalità tra Stati Uniti e Cina, con il governo americano che mira a soffocare le ambizioni di Pechino nel campo delle tecnologie che potrebbero avere un impatto diretto sulla sua potenza militare. In particolare, il governo Usa ha vietato a 27 entità cinesi di acquisire tecnologie originarie degli Stati Uniti, utilizzate per modernizzare le forze armate cinesi, e ha incluso 7 aziende accusate di promuovere lo sviluppo delle capacità quantistiche della Cina.

A questo proposito, sono finite sotto il radar anche diverse sussidiarie del gigante della cloud computing cinese, Inspur Group, già messo sotto sanzione nel 2023 dall’amministrazione Biden. La ragione di queste misure è chiara: impedire che le tecnologie Usa vengano utilizzate in progetti militari cinesi. Un altro bersaglio è stato Huawei, una delle aziende più colpite dalle sanzioni tecnologiche americane, accusata di utilizzare chip avanzati per la produzione di sistemi di difesa e comunicazione per l’esercito cinese.

Il Ruolo degli Intermediari e l’Adattamento della Cina

Una delle chiavi per comprendere la strategia americana è l’intervento di terze parti e intermediari, come sottolineato da Alex Capri, professore alla National University di Singapore. Questi attori si sono rivelati fondamentali per aggirare le restrizioni imposte dagli Stati Uniti, facilitando l’accesso alle tecnologie strategiche nonostante i divieti. Questo ha portato le autorità americane ad intensificare gli sforzi per tracciare e fermare il contrabbando di semiconduttori avanzati, come quelli prodotti da Nvidia e AMD, i cui chip sono essenziali per le applicazioni di intelligenza artificiale e calcolo ad alte prestazioni.

Questa continua escalation nella guerra tecnologica mette in luce una realtà: la Cina, pur trovandosi intrappolata dalle sanzioni, ha un’abilità sorprendente nell’adattarsi e nell’innovare. Prendiamo come esempio l’ascesa di startup cinesi come DeepSeek, che ha spinto l’adozione di modelli di AI open-source a basso costo, minando la supremazia dei modelli proprietari sviluppati dalle aziende americane, come Google e Microsoft.

La Reazione della Cina: Un Atto di Condanna e Resistenza

Non sorprende che il governo cinese abbia reagito prontamente e con forza. Il ministero degli Esteri di Pechino ha accusato gli Stati Uniti di “abusare della nozione di sicurezza nazionale” per giustificare una politica che danneggia le relazioni internazionali e ostacola la crescita tecnologica della Cina. Una posizione che riflette il sentimento di frustrazione crescente tra le aziende e il governo cinese, che si vedono limitati nell’accesso a tecnologie vitali per il loro sviluppo.

La Cina ha inoltre criticato il fatto che le sanzioni non colpiscono solo le aziende cinesi, ma estendono il raggio di azione a paesi terzi e intermediari, creando una rete di controllo globale che sta rapidamente restringendo le libertà di commercio e innovazione in tutto il mondo. Il rischio di “perdere l’accesso” alle tecnologie statunitensi si traduce in un cambiamento nella strategia tecnologica cinese, che potrebbe spingere Pechino a fare ancora più investimenti interni nella ricerca e sviluppo, cercando soluzioni autonome per non dipendere dalle forniture americane.

Conclusioni Temporanee e Dinamiche Future

Il 25 marzo 2025 potrebbe essere ricordato come una pietra miliare nel conflitto tecnologico tra Stati Uniti e Cina. Se da un lato le sanzioni rafforzano la strategia di “contenimento” americana, impedendo a Pechino di sviluppare alcune delle tecnologie più avanzate, dall’altro creano un ulteriore stimolo per la Cina a perseguire l’autosufficienza tecnologica, un processo che potrebbe portare a un riallineamento delle dinamiche globali. In questo contesto, gli Stati Uniti non solo limitano l’accesso alle tecnologie ma cercano di esercitare una pressione geopolitica che potrebbe, nel lungo periodo, allargare il divario tra i due giganti, portando a una sempre maggiore separazione tecnologica e commerciale.

La Guerra delle Intelligenze Artificiali: BAAI, il Target della Politica Usa

La recente decisione del governo degli Stati Uniti di aggiungere la Beijing Academy of Artificial Intelligence (BAAI) alla sua lista nera di entità ha sollevato un’ondata di proteste e critiche, non solo da parte delle autorità cinesi, ma anche dal mondo accademico e industriale che sostiene il modello open-source nell’intelligenza artificiale. L’Academy, conosciuta anche come Zhiyuan Institute, ha espressamente definito l’inclusione nella lista come un errore strategico e ha chiesto a Washington di revocare la sua decisione. La mossa si inserisce in un contesto più ampio di crescente isolamento tecnologico e geopolitico, dove gli Stati Uniti cercano di limitare l’accesso delle entità cinesi a tecnologie avanzate, tra cui l’intelligenza artificiale (AI) e il calcolo ad alte prestazioni, per ragioni di sicurezza nazionale.

La decisione del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti (Bureau of Industry and Security – BIS) di inserire BAAI, un’organizzazione di ricerca non governativa e senza scopo di lucro, nella lista delle entità vietate, è parte di una serie di restrizioni che coinvolgono più di 50 aziende cinesi. A queste restrizioni si uniscono sei sussidiarie del gigante cinese del cloud computing, Inspur Group. La lista impedisce alle aziende americane di fornire loro prodotti o servizi senza l’autorizzazione del governo degli Stati Uniti, segnando un’escalation della guerra tecnologica tra le due superpotenze.

L’Accusa di Pechino: Un Attacco alla Cooperazione Globale sull’AI

Il BAAI ha immediatamente contestato la decisione, sostenendo che la sua missione non ha alcun legame con scopi militari o di sicurezza nazionale, ma è orientata esclusivamente alla ricerca scientifica e allo sviluppo di tecnologie AI a beneficio di tutti. Fondato nel 2018, l’istituto si è guadagnato una reputazione internazionale per il suo approccio collaborativo e per la sua filosofia open-source, che ha visto la diffusione di circa 200 modelli AI con quasi 600 milioni di download a livello globale. L’organizzazione ha anche preso posizione su un tema fondamentale per il futuro dell’AI: “L’AI è un bene pubblico per l’umanità e l’apertura delle risorse è un trend inevitabile”, ha dichiarato BAAI in una nota. L’inclusione nella lista nera, secondo l’istituto, mina gravemente la cooperazione globale sull’intelligenza artificiale, un campo in cui la condivisione aperta è fondamentale per il progresso collettivo.

Un altro punto di critica da parte di BAAI è l’effetto negativo che questa politica ha sulle dinamiche di sviluppo e innovazione. Le aziende che seguono modelli non profit e open-source, come DeepSeek, una startup AI con sede a Hangzhou, sono sempre più minacciate dalle sanzioni imposte dagli Stati Uniti. DeepSeek, anch’essa inclusa in un circuito di condivisione globale delle risorse AI, ha presentato modelli a basso costo che stanno rapidamente guadagnando popolarità, costringendo i concorrenti americani a ripensare le loro politiche di prezzo.

Il Contesto Geopolitico: Tecnologie e Sicurezza Nazionale

Il segretario al Commercio degli Stati Uniti, Howard Lutnick, ha giustificato l’azione affermando che gli Stati Uniti sono “impegnati a utilizzare ogni strumento a disposizione per garantire che le nostre tecnologie più avanzate non finiscano nelle mani di chi cerca di danneggiare gli americani”. Secondo Washington, le tecnologie legate all’AI avanzata e ai supercomputer sono essenziali per la sicurezza nazionale e potrebbero essere sfruttate da avversari per sviluppare capacità militari o di spionaggio. Tuttavia, l’approccio scelto dai funzionari Usa non ha trovato consenso tra i critici, che vedono questa mossa come un tentativo di mantenere il predominio tecnologico e di limitare la crescita tecnologica di potenze emergenti come la Cina.

Dal canto suo, BAAI ha ribadito che la sua missione resta quella di contribuire con risultati di ricerca all’avanzamento globale dell’AI, e che non intende fermarsi. Anzi, l’istituto ha recentemente lanciato una serie di modelli open-source e strumenti per sostenere lo sviluppo dell’intelligenza artificiale in Cina, con l’obiettivo di accelerare l’innovazione locale. Il suo impegno è stato testimoniato da Wang Zhongyuan, capo dell’organizzazione, che in una conferenza ha sottolineato come BAAI abbia dato un contributo straordinario alle tecnologie che hanno spinto l’intero settore dell’AI.

Il Futuro dell’Intelligenza Artificiale: Isolamento o Collaborazione?

L’inclusione di BAAI nella lista nera americana non è solo una questione di accesso a tecnologie avanzate, ma anche un messaggio più ampio sul futuro dell’AI e della cooperazione globale in un mondo sempre più polarizzato. Se la Cina continuerà a rispondere con nuove iniziative e soluzioni indipendenti, come è accaduto con il rilascio di modelli AI open-source, gli Stati Uniti rischiano di isolarsi ulteriormente da un panorama globale che si sta sempre più orientando verso la condivisione e la cooperazione. Nel frattempo, Paesi terzi e altre potenze potrebbero trovare vantaggio in questa frattura, accelerando la propria adozione dell’intelligenza artificiale senza i vincoli imposti dalle politiche di Washington.

Nel lungo periodo, sarà interessante osservare se la pressione per il controllo e l’esclusione tecnologica da parte degli Stati Uniti porterà a un riallineamento delle alleanze internazionali, con la Cina che potrebbe cercare nuovi partner e mercati per alimentare la sua crescita tecnologica, nonostante le restrizioni imposte da Washington.

Foto: Finacial Times