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L’industria cinese dei semiconduttori si sta muovendo sottotraccia, ma con obiettivi chiari: ridurre la dipendenza dagli Stati Uniti e costruire un ecosistema tecnologico autosufficiente. L’ultimo colpo di scena arriva da SiCarrier, un produttore di strumenti per la fabbricazione di chip con sede a Shenzhen, sostenuto dallo Stato e legato a Huawei.

Il debutto ufficiale di SiCarrier avverrà la prossima settimana al Semicon China di Shanghai, un evento organizzato dall’associazione americana SEMI. La sua presenza rappresenta un segnale forte, perché la società, fino ad ora, ha mantenuto un profilo bassissimo, quasi da fantasma industriale. Il sito ufficiale elenca solo quattro strumenti di produzione a bassa tecnologia e non fornisce dettagli sulla proprietà o sul management. Unica eccezione? Una dichiarazione di compliance che promette il rispetto della proprietà intellettuale di terzi. Una mossa più diplomatica che sostanziale.

Il nome SiCarrier ha guadagnato attenzione nel 2023, quando ha ottenuto un brevetto per la produzione di chip a 5 nanometri utilizzando la litografia a ultravioletti profondi (DUV). Questa tecnologia, aggirando la necessità delle macchine litografiche EUV di ASML, potrebbe aver giocato un ruolo chiave nella creazione del chip a 7 nm usato da Huawei nel Mate 60 Pro del 2024. Né Huawei né SiCarrier hanno mai confermato ufficialmente il collegamento, ma la tempistica e il contesto non lasciano molto spazio ai dubbi.

Nata nel 2021, SiCarrier è una creatura del periodo in cui Huawei è stata stretta nella morsa delle sanzioni americane. Con il supporto di Shenzhen e un posizionamento strategico nel settore degli strumenti di fabbricazione di semiconduttori, la sua missione è chiara: fornire alla Cina le macchine necessarie per produrre chip avanzati senza dipendere dalla tecnologia statunitense.

A Semicon China, SiCarrier presenterà una serie di prodotti per la fabbricazione di wafer, ognuno con un nome in codice ispirato a montagne famose: dai sistemi epitassiali “Emei” ai sistemi di incisione “Wuyi“, fino agli strumenti di deposizione chimica “Changbai”. Un dettaglio curioso, ma che suggerisce una strategia di branding patriottico in linea con la narrativa dell’autosufficienza tecnologica.

La comparsa pubblica di SiCarrier rappresenta un momento di svolta: fino ad ora, le uniche aziende cinesi che si stavano ritagliando un ruolo nel settore degli strumenti per semiconduttori erano Naura Technology Group e Advanced Micro-Fabrication Equipment. L’ingresso in scena di un nuovo player con supporto statale e potenziali connessioni con Huawei potrebbe accelerare la corsa di Pechino verso l’indipendenza tecnologica.

Resta da vedere se i prodotti di SiCarrier saranno davvero all’altezza delle aspettative o se l’azienda si limiterà a un debutto di facciata per guadagnare tempo mentre sviluppa tecnologie più avanzate. Nel frattempo, il suo slogan è già una dichiarazione di intenti: “Nel mondo dei chip, c’è una nuova scelta: SiCarrier”. Un messaggio chiaro per il mercato interno e, soprattutto, per gli avversari geopolitici.

Il contesto in cui si svolge il Semicon China 2025 non potrebbe essere più teso. Mentre Washington continua a inasprire le restrizioni sui chip e sugli strumenti avanzati per la loro produzione, la Cina sta rafforzando il proprio ecosistema tecnologico con una determinazione implacabile. La presenza di big cinesi come Yangtze Memory Technologies Corporation (YMTC) e Hua Hong Semiconductor rafforza l’idea che il Paese stia cercando di consolidare il proprio settore dei semiconduttori per contrastare la pressione statunitense.

Paradossalmente, aziende americane come Lam Research e Siemens EDA parteciperanno all’evento, segno che, nonostante le tensioni geopolitiche, il business dei semiconduttori rimane un intreccio complesso di interdipendenze. La battaglia tecnologica tra Cina e Stati Uniti è ben lontana dall’essere conclusa, ma con l’ingresso in scena di SiCarrier, Pechino sembra aver appena mosso un altro pezzo importante sulla scacchiera.