Cloudflare ha lanciato AI Labyrinth, un’arma strategica per combattere i bot che raschiano il web senza permesso per addestrare modelli di intelligenza artificiale. Invece di limitarsi a bloccarli, AI Labyrinth li intrappola in un dedalo di link che li conduce a pagine generate dall’AI, rallentandoli, confondendoli e sprecando le loro risorse. Una trappola digitale che trasforma l’eterna lotta contro il web scraping in un gioco al massacro per i bot non autorizzati.
Il problema è noto: molte aziende AI, anche di grosso calibro come Anthropic e Perplexity AI, ignorano i protocolli standard come il robots.txt, che dovrebbe stabilire quali dati possono essere raccolti e quali no. Cloudflare, che processa oltre 50 miliardi di richieste di crawler al giorno, ha deciso di cambiare strategia. Bloccando i bot, questi si adattano e trovano nuove strade. Intrappolandoli invece in un loop di dati inutili, la società riesce a rallentarli e, nel frattempo, a tracciare meglio i loro comportamenti.
AI Labyrinth si comporta come un “honeypot” di nuova generazione: attira i bot malintenzionati su una falsa pista, facendoli seguire link infiniti verso pagine fasulle che non contengono informazioni reali. Un essere umano non ci cascherebbe mai, ma un crawler sì, finendo per lasciare tracce più chiare che Cloudflare può usare per raffinarne il riconoscimento. Questo approccio potrebbe rappresentare un punto di svolta nella lotta contro il furto sistematico di contenuti da parte delle aziende AI.
Per i gestori di siti web, AI Labyrinth è una soluzione gratuita e attivabile su base volontaria, il che significa che potrebbe diventare rapidamente una strategia adottata su larga scala. La domanda ora è: le aziende AI aggireranno anche questa barriera, o il labirinto sarà abbastanza intricato da dissuaderle?