L’Intelligenza Artificiale non è più un gioco a senso unico dominato dagli Stati Uniti. La Cina sta colmando rapidamente il gap tecnologico e ora offre modelli AI altamente competitivi a prezzi stracciati. Secondo l’ultima analisi della società di benchmarking Artificial Analysis, il modello DeepSeek-R1 ha raggiunto un punteggio di 60 sull’Artificial Analysis Intelligence Index, piazzandosi al terzo posto mondiale, subito dietro a OpenAI con il suo o1 e o3-mini, rispettivamente a 62 e 66 punti. La vera sorpresa? Il prezzo. DeepSeek-R1 costa quasi 30 volte meno di GPT-4.5, minacciando di rivoluzionare il settore.
Solo un anno fa, l’AI di fascia alta era un affare quasi esclusivamente americano. Oggi, le cose sono cambiate drasticamente. Il mercato cinese sta producendo modelli avanzati a costi ridotti, grazie a strategie di ottimizzazione delle risorse computazionali e a una feroce guerra dei prezzi tra le Big Tech del Dragone. Alibaba, con il suo QwQ-32B, ha piazzato un altro colpo da maestro, posizionandosi al quarto posto nel ranking di intelligenza dei modelli AI, superando rivali come Claude 3.7 Sonnet di Anthropic e Mistral Large 2 di Mistral AI.
Ma la questione va oltre il confronto tra software: l’ascesa cinese potrebbe avere implicazioni disastrose per Nvidia, il gigante dei chip che finora ha dominato il mercato dell’hardware AI. I modelli americani, tra cui quelli di OpenAI, Anthropic e Google DeepMind, si basano su un’enorme potenza computazionale, generando costi esorbitanti. OpenAI, ad esempio, con il lancio del modello o1-pro, ha fissato il prezzo di output a 600 dollari per milione di token, contro i soli 2,19 dollari di DeepSeek-R1. Una disparità che sta mettendo a dura prova il modello di business tradizionale basato sulla dipendenza da GPU costose.
DeepSeek non è un caso isolato. Il mercato cinese dell’AI si muove in una direzione chiara: maggiore efficienza e prezzi ridotti per scalzare il predominio occidentale. Alibaba ha integrato DeepSeek nei suoi servizi cloud, offrendo pacchetti gratuiti e prezzi al ribasso, fino a 0,07 dollari per milione di token su alcuni modelli. Se questa tendenza dovesse continuare, Nvidia potrebbe trovarsi in una posizione delicata: meno dipendenza dai chip di fascia alta potrebbe significare un ridimensionamento della sua leadership nel settore AI.
Il sorpasso tecnologico della Cina sull’AI non è più una teoria, ma un fatto concreto. Se OpenAI e le altre big tech occidentali non troveranno rapidamente una risposta, rischiano di trasformarsi in dinosauri tecnologici, costretti a giocare in difesa mentre il Dragone detta le regole del gioco.
Mentre OpenAI e il suo CEO Sam Altman cercano disperatamente di convincere il governo degli Stati Uniti a mettere al bando i modelli DeepSeek, la realtà è che il colosso americano si trova di fronte a una minaccia esistenziale: un’alternativa gratuita, potente e sempre più adottata a livello globale.
Se finora il paradigma dominante nell’AI era quello di investire miliardi in modelli pre-addestrati, la nascita di DeepSeek sta costringendo le aziende a riconsiderare la sostenibilità economica di questo approccio. Lo sa bene Lee Kai-fu, ex capo di Google China e ora CEO di 01.AI, una delle startup più avanzate del settore. Invece di scommettere su costosi modelli proprietari, Lee ha scelto di puntare tutto su DeepSeek, sfruttando il suo successo per vendere soluzioni AI ai giganti della finanza, del gaming e del settore legale.
Secondo Lee, la corsa all’AI sta vivendo una nuova fase: non è più solo una questione di possedere un modello avanzato, ma di saperlo ottimizzare per i clienti. 01.AI ha quindi deciso di distinguersi affinando i modelli DeepSeek per applicazioni specifiche, mentre le aziende tradizionali cercano ancora di vendere hardware e software “all-in-one”. E nonostante il boom di richieste, 01.AI non ha ancora raggiunto la redditività, con previsioni di 100 milioni di yuan di ricavi nel primo trimestre del 2025.
Il fenomeno DeepSeek non sta solo trasformando la strategia delle startup cinesi, ma sta anche mandando in crisi il modello di business delle grandi AI occidentali. OpenAI, per esempio, basa il suo successo su un ecosistema chiuso e costoso, con abbonamenti a ChatGPT e un’infrastruttura tecnologica che richiede ingenti investimenti in GPU. Ma come giustificare questi costi quando DeepSeek offre un’alternativa gratuita? È una domanda che inizia a pesare anche sulle spalle delle cosiddette “sei tigri” dell’AI cinese – Zhipu AI, Moonshot AI, MiniMax, Baichuan, Stepfun e la stessa 01.AI.
Lee non si fa illusioni: solo le aziende con una base utenti nell’ordine delle centinaia di milioni potranno ancora giustificare il costo di un modello pre-addestrato. Alibaba, Google, ByteDance e la stessa DeepSeek hanno le risorse e il pubblico per farlo. Ma il resto del mercato? Sempre più aziende e sviluppatori stanno già disdicendo il loro abbonamento a ChatGPT perché DeepSeek offre un’alternativa gratuita e comparabile.
E questo è esattamente l’incubo di Altman. Se l’AI open-source diventa la norma, OpenAI rischia di vedere il proprio castello di carte crollare sotto il peso di una realtà ineluttabile: il futuro dell’AI potrebbe essere dominato da modelli liberi e decentralizzati, e non da monopoli chiusi e costosi. Per questo OpenAI ha intensificato il suo lobbying per vietare DeepSeek negli Stati Uniti, accusandolo di essere controllato dallo stato cinese. Ma al di là delle retoriche geopolitiche, la verità è che questa è una battaglia per la sopravvivenza di un intero modello di business.
Se DeepSeek continuerà a guadagnare trazione, il mercato dell’AI potrebbe entrare in una nuova era, in cui il valore non sarà più determinato dalla proprietà del modello, ma dalla capacità di adattarlo e ottimizzarlo per le esigenze dei clienti. E in questo scenario, la Cina potrebbe aver appena messo a segno il colpo vincente.