Eric Xu Zhijun, vicepresidente di Huawei, aveva affermato a marzo, davanti a centinaia di giornalisti e analisti, che il ritorno della compagnia nel mercato degli smartphone 5G era impossibile senza l’approvazione del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti. Ma alla fine di agosto, Huawei ha smentito sé stessa e il mondo intero con il lancio a sorpresa del Mate 60 Pro, dotato di un processore avanzato sviluppato in Cina, sotto embargo tecnologico statunitense.
L’evento non è stato solo un trionfo commerciale, ma anche un atto politico. Il lancio del Mate 60 Pro è avvenuto in coincidenza con la visita in Cina della Segretaria al Commercio USA, Gina Raimondo, un tempismo che non può essere casuale. La domanda chiave per Washington è: come ha fatto Huawei a superare le restrizioni imposte dall’amministrazione americana, che miravano a soffocare la sua capacità di produrre chip avanzati?
La risposta sembra essere il Kirin 9000s, il processore sviluppato da HiSilicon, la divisione di Huawei dedicata ai semiconduttori. Un’analisi indipendente ha rivelato che il chip è stato probabilmente prodotto da SMIC (Semiconductor Manufacturing International Corp), il principale produttore cinese di semiconduttori, anch’esso sotto sanzioni statunitensi. Questo ha scatenato un’ondata di speculazioni, mettendo in dubbio l’efficacia del blocco tecnologico imposto dagli USA.
L’orgoglio cinese e la reazione americana
Sui social media cinesi, il ritorno di Huawei al 5G è stato celebrato come una vittoria nazionale contro il dominio tecnologico americano. Commentatori e influencer hanno esaltato la resilienza del colosso di Shenzhen, paragonando il successo del Mate 60 Pro a una rivincita sulla pressione statunitense.
Ma mentre in Cina si festeggia, a Washington si moltiplicano le domande. Il Consigliere per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan, ha dichiarato che la Casa Bianca sta cercando di capire come sia stato possibile per Huawei sviluppare un chip avanzato nonostante le restrizioni imposte nel 2020. L’ipotesi più inquietante per gli USA è che la Cina abbia trovato un modo per produrre semiconduttori avanzati indipendentemente dalla tecnologia occidentale, riducendo l’efficacia delle sanzioni.
Non mancano però gli scettici: secondo alcuni esperti, SMIC potrebbe aver prodotto il Kirin 9000s con un processo a 14 nanometri modificato per avvicinarsi alle prestazioni di un chip a 7 nanometri, aggirando così il blocco tecnologico. Altri ritengono che Huawei abbia acquisito tecnologia e macchinari da SMIC per produrre il chip in proprio.
Il peso della geopolitica sulle strategie di Huawei
Il ritorno di Huawei nel mercato degli smartphone di fascia alta mette in difficoltà anche Apple e i produttori di Android di fascia alta in Cina. L’iPhone 15 ha registrato code ai lanci ufficiali nel Paese, ma il Mate 60 Pro ha riacceso l’entusiasmo per il marchio Huawei, vendendo oltre 2 milioni di unità dal 31 agosto.
La sfida più grande per Huawei rimane la sostenibilità della sua catena di approvvigionamento. La compagnia ha già sostituito 13.000 componenti con alternative cinesi e riprogettato oltre 4.000 circuiti per aggirare le restrizioni statunitensi, ma rimane dipendente da fornitori esteri per alcuni componenti chiave. Aziende come la sudcoreana SK Hynix hanno negato di rifornire Huawei, sottolineando la loro adesione alle sanzioni americane.
Per rafforzare la sua indipendenza, Huawei sta investendo massicciamente nel proprio ecosistema software e hardware. Il sistema operativo HarmonyOS e il software aziendale EulerOS rappresentano i pilastri della sua strategia per ridurre la dipendenza da Android e dai servizi Google.
La risposta degli Stati Uniti: sanzioni inefficaci o escalation?
L’amministrazione Biden è ora di fronte a un dilemma. Imporre ulteriori restrizioni su Huawei e SMIC potrebbe danneggiare i fornitori americani che ancora fanno affari con le aziende cinesi, rischiando di scatenare ulteriori ritorsioni da parte di Pechino. D’altra parte, non intervenire potrebbe essere visto come un segnale di debolezza, ammettendo implicitamente che la Cina ha trovato una via per bypassare il blocco tecnologico occidentale.
Huawei ha dimostrato di saper resistere alle sanzioni e di poter tornare sulla scena con un prodotto che non solo sfida i limiti imposti dagli Stati Uniti, ma riaccende il patriottismo tecnologico in Cina. La prossima mossa sarà degli Stati Uniti, ma se la storia recente ha insegnato qualcosa, è che Huawei non è un’azienda che si arrende facilmente.