Sir Keir Starmer ha promesso di rivoluzionare il settore pubblico britannico con l’intelligenza artificiale. Una narrazione affascinante, perfetta per i titoli dei giornali e per placare un elettorato sempre più insofferente verso una macchina burocratica inefficiente e costosa.
Ma la realtà è un’altra: il governo fatica persino a comprendere il funzionamento di queste tecnologie, figuriamoci ad applicarle in modo efficace.
Un rapporto del Dipartimento per la Scienza, l’Innovazione e la Tecnologia, realizzato con Bain & Company, ha stimato risparmi fino a 45 miliardi di sterline l’anno grazie all’IA. Una cifra monumentale, che sembra più un esercizio di ottimismo contabile che una proiezione realistica.
Di questi, 36 miliardi deriverebbero dalla “razionalizzazione” della macchina pubblica, 4 miliardi dal passaggio a servizi digitali e 6 miliardi dalla lotta alle frodi. Sulla carta, suona come una rivoluzione. Nella pratica, si traduce in un’idea vaga, priva di dettagli concreti su come questi obiettivi possano essere raggiunti.
La realtà è che il governo britannico non ha una strategia chiara per implementare l’IA. Le esperienze passate dimostrano che qualsiasi tentativo di modernizzazione della pubblica amministrazione finisce in un mare di sprechi e fallimenti.
Il settore pubblico britannico è noto per i suoi progetti tecnologici naufragati: database sanitari multimiliardari mai entrati in funzione, piattaforme digitali abbandonate dopo anni di sviluppo, sistemi di welfare automatizzati rivelatisi inaffidabili.
Quale garanzia c’è che questa volta sarà diverso? Nessuna.Starmer ha anche annunciato la volontà di ridurre il numero di enti regolatori, definendoli una “cottage industry of checkers and blockers” un apparato di burocrati che ostacola il progresso.
Il suo piano prevede di accorpare alcune agenzie, come il Payment Systems Regulator con la Financial Conduct Authority. L’idea è quella di snellire i processi decisionali, ma l’esperienza dimostra che fusioni del genere spesso generano più caos che efficienza.
Per compensare la mancanza di competenze digitali nel settore pubblico, Starmer ha lanciato il programma “TechTrack”, con l’obiettivo di reclutare 2.000 specialisti IT e trasformare il 10% della forza lavoro pubblica in esperti digitali entro cinque anni.
Un obiettivo ambizioso, ma chiaro segnale di quanto il governo sia impreparato: per anni, ha ignorato il problema della carenza di competenze tecnologiche e ora cerca di risolverlo con iniziative dell’ultimo minuto.
L’intera narrativa attorno all’intelligenza artificiale nel governo britannico sembra un esercizio di illusionismo politico: promesse grandiose, numeri esorbitanti, ma poca sostanza.
Il rischio è quello di assistere a un nuovo capitolo della lunga storia di fallimenti tecnologici del Regno Unito, con miliardi di sterline sprecati in progetti che non vedranno mai la luce.
Starmer vuole dipingersi come il leader del futuro digitale, ma la realtà è che il suo piano per l’IA sembra già vecchio, confuso e destinato a scontrarsi con la dura realtà della burocrazia britannica.