In un mondo dove gli Stati Uniti stringono sempre più la morsa sulle esportazioni di chip avanzati, la Cina risponde con la sua solita resilienza strategica: un bel po’ di finanziamenti statali e una narrazione patriottica. L’ultima mossa arriva da Biren Technology, uno dei principali contendenti cinesi nel settore dei chip AI, che ha appena incassato un nuovo round di finanziamenti guidato da un fondo statale di Shanghai. Il messaggio è chiaro: se Washington chiude le porte, Pechino costruisce i suoi grattacieli.

Con una valutazione da 2,2 miliardi di dollari secondo la Hurun Global Unicorn List del 2024, Biren sta accelerando la sua corsa verso un’IPO nel mercato interno, proprio mentre il governo cinese spinge per l’autosufficienza tecnologica. A mettere i soldi questa volta è stato il Shanghai State-owned Capital Investment (SSCI), attraverso il suo veicolo di private equity. Per chi non conoscesse il codice tra le righe, significa che lo Stato sta apertamente pompando denaro nelle sue aziende per contrastare il blocco occidentale.

Questa raccolta fondi non è isolata. Altri investitori hanno partecipato –anche se il comunicato di martedì della Shanghai SSCI Leading PE Fund Management evita con cura di specificare l’entità dell’investimento. Perché mai? Semplice: troppi dettagli potrebbero far emergere chi, oltre al governo, sta scommettendo sulla corsa ai chip cinesi, in un momento in cui l’equilibrio geopolitico è sempre più instabile.

La sfida tra Cina e Stati Uniti per il predominio tecnologico non è certo una novità, ma il caso di Biren è emblematico. L’azienda è finita nel mirino delle sanzioni statunitensi, con il divieto di accesso ai semiconduttori di fascia alta prodotti con tecnologia americana. Questo ha reso la sua scalata ancora più ardua, ma al tempo stesso ha consolidato il sostegno di Pechino, che non vuole trovarsi mai più nella condizione di dipendere dai rivali per la sua infrastruttura tecnologica.

Se c’è una cosa che la storia recente ci insegna, è che la Cina non sta semplicemente reagendo, ma sta costruendo il suo ecosistema alternativo. Il supporto finanziario a Biren è solo un tassello di una strategia più ampia per creare un’industria dei chip AI autonoma, ben radicata e – almeno nelle speranze di Pechino – competitiva con i colossi americani come Nvidia. Certo, l’azienda californiana ha anni di vantaggio e una supremazia consolidata, ma il tempo dirà se i miliardi statali cinesi saranno sufficienti a ridurre il gap.

Nel frattempo, gli investitori globali osservano con interesse – e un pizzico di cinismo – questa battaglia epica tra superpotenze. Non tanto per una questione di geopolitica, ma perché là fuori ci sono montagne di denaro da fare (o perdere).