Se bastava che Alfred Lin di Sequoia Capital dicesse che il suo fondo “stava parlando” con Thinking Machines Lab per far scattare un titolo sui giornali, allora vi diamo qualcosa di ancora più succoso: sembra che Mira Murati, l’ex CTO di OpenAI e ora fondatrice della neonata startup, abbia anche discusso di investimenti con Vinod Khosla, uno dei primi finanziatori di OpenAI. Che Khosla Ventures investirà davvero è ancora tutto da vedere, ma di certo la cosa solletica l’interesse degli addetti ai lavori.

Eppure Murati potrebbe non avere fretta di chiudere un round di finanziamento, per una ragione strategica: il reclutamento di talenti. Thinking Machines Lab sta adottando un approccio piuttosto aggressivo per attirare ingegneri e ricercatori top-level, offrendo stock option con strike price vicino allo zero e la possibilità di esercitarle quasi immediatamente dopo l’assunzione. Tradotto: chi entra paga pochissimo per ottenere azioni e non deve preoccuparsi di perderle nel tempo. Questo spiegherebbe perché la startup, nata ufficialmente solo a dicembre, abbia detto ad alcuni candidati che ancora non dispone di una valutazione 409a, il valore interno delle azioni determinato da un consulente esterno.
Perché questa mossa? Per evitare di spaventare i potenziali dipendenti con una valutazione alle stelle. Le voci parlano di investitori pronti a versare un miliardo di dollari nella società, portandone il valore a 10 miliardi di dollari (incluso il finanziamento). Una valutazione simile fa comodo ai fondatori, che così mantengono il controllo della società, ma non è esattamente una manna per i nuovi assunti, che preferiscono entrare in una startup quando le azioni sono ancora “economiche” e con ampi margini di crescita.
Senza una valutazione ufficiale, Thinking Machines può quindi offrire equity a prezzi stracciati ai primi talenti mentre contemporaneamente valuta offerte d’investimento a multipli molto più alti. Il che significa che i primi dipendenti si ritroveranno immediatamente più ricchi (sulla carta) non appena il round di finanziamento sarà chiuso. Oltre a questo, esercitare le opzioni in anticipo potrebbe ridurre l’impatto fiscale, visto che le tasse sulle stock option sono calcolate sulla differenza tra il prezzo di esercizio e il valore delle azioni al momento dell’operazione.
Non è una pratica inaudita, dicono gli esperti di compensazione e gli avvocati, ma la differenza di prezzo qui è decisamente fuori scala. In genere, una startup in fase seed che concede opzioni a prezzo quasi zero e poi si valuta a 20 milioni di dollari dà ai suoi dipendenti un discreto margine di guadagno. Ma quando la valutazione balza direttamente a 10 miliardi, il gioco cambia completamente.
Questo scenario mostra l’enorme bolla che si sta creando attorno all’AI. Safe Superintelligence, la startup fondata dall’ex capo scienziato di OpenAI Ilya Sutskever, è in trattative per una valutazione di 30 miliardi di dollari, nonostante non abbia ancora un prodotto o un dollaro di entrate. Nel frattempo, la battaglia per i talenti è così feroce che OpenAI ha coinvolto Thrive Capital per convincere i suoi dipendenti a restare, suggerendo che andarsene sarebbe un pessimo affare finanziario.
Eppure la strategia di Murati sembra funzionare: Thinking Machines Lab ha già attratto diverse figure chiave di OpenAI, tra cui il cofondatore John Schulman e i ricercatori Barret Zoph e Luke Metz. Dei 29 dipendenti della startup, più di due terzi provengono dalla società che ha dato vita a ChatGPT. Certo, lavorare con un team d’élite e con una fondatrice ben connessa con i giganti della Silicon Valley ha il suo fascino. Ma il potenziale guadagno economico immediato non guasta. E quando la valutazione miliardaria sarà confermata, per alcuni di loro potrebbe già essere ora di incassare.