Nel panorama tech, il termine “AI Wrapper” è diventato sinonimo di startup senza futuro, un insulto educato per indicare aziende che costruiscono applicazioni leggere sfruttando API di modelli AI preesistenti senza un reale valore aggiunto. L’esempio classico?

Le app che permettono di “chattare con un PDF”, nate nel vuoto lasciato da OpenAI prima che introducesse il supporto per l’upload di documenti. Un paio di sviluppatori, un weekend di coding, ed ecco il nuovo giocattolo pronto per il mercato.

Ma come sempre accade nei settori bollenti (vedi crypto), orde di imprenditori alla ricerca di soldi facili hanno invaso il mercato, sommergendolo di prodotti irrilevanti e privi di difese strategiche contro l’inevitabile contrattacco dei big del settore. È bastato che OpenAI rilasciasse una feature nativa per spazzare via decine di queste startup in un colpo solo. I fondatori opportunisti si sono spostati verso la prossima moda, lasciando gli “AI Wrappers” a galleggiare come relitti nel mare della tech industry.

Ma se vi dicessi che questa visione è miope?

Perché gli “AI wrapper” sono un’illusione ottica

Y Combinator ha recentemente smontato il mito degli “AI wrapper”, sostenendo che chiamare una startup così per il solo fatto di usare API di OpenAI è come definire un’azienda SaaS un “MySQL wrapper” solo perché usa un database SQL.

Vogliamo un’analogia più precisa? Pensiamo a Talkdesk o Aircall. Queste aziende miliardarie hanno costruito imperi appaltando a Twilio la loro intera infrastruttura di telecomunicazioni. Se avessero tentato di ricostruire VoIP da zero, avrebbero bruciato miliardi senza alcun vantaggio competitivo. Invece, hanno usato Twilio come base per concentrarsi sulla vera battaglia: costruire valore nell’application layer.Ecco perché il concetto stesso di “AI Wrapper” è fallace.

Il vero valore non sta nell’infrastruttura, ma nelle soluzioni che migliorano la vita dell’utente finale.

Il vero schema della piramide AI

Per capire il gioco in cui le startup devono muoversi, è utile dividere il settore AI in tre strati fondamentali:

1. Livello infrastrutturale – Dominato dai colossi trillionari come Microsoft, Google, Amazon e NVIDIA. Possiedono i data center, le GPU e i sistemi operativi. Entrarci? Praticamente impossibile, a meno che non abbiate miliardi di dollari e qualche decennio di tempo.

2. Livello dei modelli – Qui troviamo OpenAI, Anthropic, Meta e altre aziende che sviluppano modelli fondamentali. È uno spazio già estremamente competitivo, dove l’innovazione costa cifre astronomiche. Se non avete accesso a finanziamenti a nove zeri, meglio guardare altrove.

3. Livello applicativo – Il punto di contatto tra AI e utenti finali. Qui ChatGPT ha fatto scuola, dimostrando che un’interfaccia semplice può bastare per cambiare il mondo. È l’unico strato ancora aperto alle startup, perché permette di creare prodotti di valore sfruttando la potenza dei layer inferiori senza doverli costruire da zero.

Le startup che cercano di sfondare nel primo o nel secondo livello sono come chi tenta di scalare una montagna in infradito. Quelle che invece puntano sul terzo livello possono usare l’innovazione creata dai giganti come un trampolino, sfruttandola per costruire soluzioni disruptive in mercati verticali.

Perché il livello applicativo è una miniera d’oro

Guardiamo ChatGPT: è partito come una chat testuale rudimentale, senza funzioni avanzate, senza voce, senza task automation. Eppure, ha scatenato una rivoluzione. Non perché fosse “completo”, ma perché era il miglior prodotto possibile per un nuovo mercato inesplorato.Ora immaginate cosa succederà quando miliardi di persone inizieranno a usare AI quotidianamente, grazie all’integrazione in iOS, Android, Office e Google Workspace.

Questo significa due cose:1.

La domanda di strumenti AI crescerà a velocità supersonica.

2. Le startup possono sfruttare la transizione per scalzare i colossi legacy, che sono troppo lenti e appesantiti dai loro prodotti esistenti.

Il segreto? Non costruire il passato, ma il futuro. Un nuovo player nel settore delle telecomunicazioni non dovrebbe ricreare IVR e centralini, ma sviluppare agenti AI in grado di gestire chiamate, risolvere problemi e trasferire l’utente a un operatore solo quando necessario.

Pensateci: la nuova generazione di startup di successo nell’AI non si limiterà a fare “chatbot con API OpenAI”.

Creerà interfacce e piattaforme che renderanno le AI veramente utilizzabili nel business, con strumenti per:

Progettare e ottimizzare agenti AI con obiettivi chiari, senza dover scrivere codice.Integrare l’AI con sistemi aziendali esistenti (CRM, ERP, etc.).

Monitorare, testare e migliorare continuamente le performance dell’AI.

Offrire strumenti di compliance e auditing per garantire trasparenza e sicurezza.

La lezione di salesforce: come vincere nell’era dell’AI

Nel 2021, Salesforce ha pubblicato un dato impressionante: per ogni dollaro guadagnato da Salesforce, il suo ecosistema di partner ne generava sei. Questo modello si ripeterà con l’AI.

Le aziende che si posizioneranno nel giusto segmento dell’application layer, creando veri strumenti di produttività basati sull’AI, cattureranno un’enorme fetta di valore.

E ironicamente, molte di queste aziende saranno inizialmente bollate come “AI Wrappers” dagli investitori meno lungimiranti.Ma la storia insegna che chi guarda solo la superficie, perde sempre l’occasione più grande.

Questi giorni alcuni hanno definito Manus AI una sorta di Wrapper. È importante sottolineare che, sebbene Manus integri modelli avanzati come Claude 3.5 Sonnet di Anthropic e le versioni ottimizzate di Qwen, non si limita a essere un semplice wrapper di questi modelli.

Come osservato da Richardson Dackam, fondatore di GitGlance.co, Manus non si limita a implementare un’API su un modello esistente. Ha costruito un sistema autonomo in grado di eseguire ricerche approfondite, pensiero critico e compiti multi-step in un modo che nessun’altra IA ha fatto finora.

Questa distinzione è fondamentale. Mentre un “wrapper” tradizionale potrebbe semplicemente fornire un’interfaccia utente per un modello di intelligenza artificiale esistente, Manus rappresenta un’integrazione più profonda e sofisticata. Utilizzando modelli come Claude 3.5 Sonnet, Manus è progettato per eseguire compiti in totale autonomia, senza la necessità di intervento umano. Questa autonomia solleva importanti interrogativi etici e normativi, in particolare riguardo alla responsabilità delle decisioni prese dal sistema, specialmente in scenari finanziari o operativi nell’ambito delle infrastrutture critiche.