La possibilità di sostituire o integrare l’intelligenza umana con l’intelligenza artificiale è un tema ormai noto, ma ciò che affascina ancor di più è l’idea di replicazione: l’aggiunta di uno strato di “intelligenza” capace di duplicare un essere umano, o addirittura riempire vuoti, come nel caso delle persone sole che trovano compagnia in un “amico” virtuale. In questo scenario, il mondo della moda e del lusso si sta adattando rapidamente a questa nuova realtà, con impatti che potrebbero trasformare non solo l’esperienza del consumatore, ma anche la struttura stessa dell’industria.

Un esempio interessante di come l’AI possa essere usata per “replicare” l’esperienza umana arriva direttamente dalla CIA, che ha sviluppato un chatbot in grado di far “entrare nella testa” dei leader mondiali, come presidenti e primi ministri, per prevedere come reagirebbero in determinate situazioni.

Questo tipo di intelligenza artificiale potrebbe aprire la strada alla sostituzione di figure politiche con sistemi AI, inoltre un’altra idea quella se applicata al mondo del lusso e della moda, potrebbe portare alla creazione di figure virtuali di designer, brand ambassador o persino stilisti che agiscono al posto degli esseri umani. Un sistema completamente automatizzato, capace di replicare l’aspetto e il comportamento di un “esperto” del settore, potrebbe influenzare le scelte dei consumatori senza la necessità di una persona fisica dietro al brand, oppure mantenere “l’HERITAGE” del brand perennemente.

Già oggi, piattaforme come YouTube stanno lavorando su strumenti che permettano agli influencer più noti di controllare e gestire i loro “doppi” virtuali, creando un futuro in cui celebrità e icone della moda potrebbero essere replicate in maniera tanto perfetta da risultare indistinguibili dall’originale. Nel contesto del lusso, ciò potrebbe comportare la possibilità di avere personalità virtuali che promuovono prodotti esclusivi, con un controllo ancora maggiore sulle narrazioni e sulle esperienze proposte ai consumatori.

L’introduzione di AI in questo spazio non si limita a duplicare celebrità o influencer, ma si estende anche a relazioni personali sempre più coinvolgenti. Stando agli ultimi studi condotti da Stanford e Google DeepMind, un’intervista di sole due ore è sufficiente a creare una replica accurata della nostra personalità. Immaginate quindi una replica digitale che potrebbe interagire con i clienti di alta moda o di lusso, comprendendo profondamente i loro gusti, emozioni e preferenze. Un futuro in cui le persone potrebbero persino inviare una versione AI di sé stesse in occasioni sociali o appuntamenti di lusso, risolvendo il dilemma di interazioni sociali con un avatar che comprende appieno ogni dettaglio della loro psiche.

Un altro aspetto interessante riguarda il crescente fenomeno di amici e amanti AI, anche quando non progettati per questo scopo specifico. Gli utenti stanno sviluppando legami emotivi con i chatbot, una dinamica che, se estesa al mondo del lusso, potrebbe significare che il consumatore si connette in maniera profonda con un’intelligenza artificiale che rappresenta un brand o un prodotto. Si potrebbe arrivare al punto in cui l’esperienza di acquisto o di fruizione di un prodotto di lusso non sarebbe più un’azione solitaria, ma un’interazione sociale con un entità digitale che replica perfettamente le esigenze e le emozioni del consumatore.

Nel settore del lusso, la tendenza a cercare “amici” o “partner” AI potrebbe portare alla creazione di esperienze personalizzate che vanno ben oltre la semplice consulenza: vere e proprie relazioni a lungo termine con entità artificiali. Questo potrebbe alterare il concetto di comunità e di legami umani, soprattutto in un mondo dove l’isolamento e la solitudine sono fenomeni sempre più diffusi, anche tra i più ricchi e influenti.

Un aspetto che non possiamo ignorare riguarda l’impatto che l’intelligenza artificiale avrà sulla demografia e sull’età. Paesi come il Giappone, la Cina e la Corea del Sud affrontano un drammatico calo delle nascite, e l’automazione sta diventando una necessità in molte industrie. Ma se l’AI è capace di sostituire facilmente i lavori più junior, essa risulta meno adatta a sostituire la mente strategica degli anziani.

Questo potrebbe significare che, mentre i giovani vengono sostituiti da robot, le generazioni più mature potrebbero vedere la loro importanza aumentare in un contesto di “augmentation” piuttosto che di sostituzione. Tuttavia, questo non elimina il problema della discriminazione per età che si verifica ancora oggi in molti ambienti di lavoro, dove le persone più anziane sono spesso considerate più costose e meno adattabili.

Nel contesto della moda e del lusso, il concetto di “età” potrebbe evolversi in modo significativo. In un futuro in cui l’AI replica le persone e le loro esperienze, sarà interessante capire come l’aspetto fisico, la biografia o l’evoluzione di un individuo possano essere filtrati attraverso modelli artificiali che non invecchiano mai. I consumatori potrebbero vivere in un mondo dove non solo le celebrità, ma anche i clienti stessi, sono potenzialmente immortali attraverso la replica digitale.

E poi c’è la questione dei “dark factories”, quei luoghi di lavoro automatizzati al buio dove le macchine operano senza bisogno di luce, un concetto che potrebbe essere esteso al concetto di “dark companies” o “dark governments”, aziende o enti governativi completamente automatizzati.

Sebbene potrebbe sembrare una visione distopica, non è poi così distante da ciò che alcune aziende di lusso potrebbero immaginare per il futuro. Aziende totalmente autonome, in grado di adattarsi e rispondere al mercato in tempo reale, senza il bisogno di un intervento umano diretto, potrebbero essere la nuova frontiera del business.

E se questo dovesse davvero accadere, ci troveremmo di fronte non a una utopia, come sostiene Andreessen, ma a un mondo radicalmente diverso. Un mondo in cui la bellezza, la moda e il lusso non sono più solo un riflesso di ciò che siamo, ma una proiezione perfetta di chi vogliamo essere, modellata, creata e gestita da intelligenze artificiali che non sono mai state “umane” ma lo sembrano in modo inquietante.