
Meta ha finalmente deciso di seguire il gregge e lanciare un’app autonoma per il suo Meta AI, perché evidentemente infilare il chatbot ovunque nelle sue piattaforme social non bastava. Zuckerberg sogna che diventi il “principale assistente AI”, come se il mondo avesse disperatamente bisogno di un altro chatbot. Intanto, si parla anche di un’app separata per Reels, perché chiaramente serviva un altro clone di TikTok, nel caso qualcuno non ne avesse abbastanza.
Nel club degli investimenti faraonici, Meta si prepara a costruire data center AI per un valore che potrebbe arrivare a 200 miliardi di dollari. E chi spunta fuori come possibile finanziatore? Apollo Global Management, perché se c’è una cosa che il mondo dell’AI insegna, è che i soldi non sono mai abbastanza. Strano, però, che Meta voglia raccogliere fondi da altri invece di attingere al proprio tesoro di liquidità.
Nel frattempo, Joe Gebbia, co-fondatore di Airbnb, ha deciso di abbandonare il mondo dell’ospitalità per unirsi alla crociata di Elon Musk contro la burocrazia federale. Il suo nuovo incarico in DOGE (per chi non lo sapesse, non è la criptovaluta, ma l’ennesima trovata di Musk per “ottimizzare” il governo) promette di rendere il pensionamento federale meno medievale. Come? Nessuno lo sa. Ma di certo, se c’è una cosa che Musk sa fare bene, è tagliare costi (e posti di lavoro).
Microsoft, che evidentemente ha finito i modi più discreti di farsi sentire, ha chiesto direttamente a Trump di annullare le restrizioni imposte da Biden sull’export di chip. Perché costruire data center senza i migliori chip di Nvidia è un problema, soprattutto quando si tratta di dominare l’AI. La posizione ufficiale? Le restrizioni danneggiano gli “alleati strategici”. La posizione reale? L’AI è una macchina da soldi e Microsoft non ha intenzione di rallentare.
Google, invece, ha deciso che il vero problema della corsa all’intelligenza artificiale è che i dipendenti lavorano troppo poco e troppo comodamente da casa. Sergey Brin ha fatto sapere che il rientro in ufficio non solo è gradito, ma quasi obbligatorio, con un bel “almeno tutti i giorni feriali” e 60 ore settimanali di puro entusiasmo. Il messaggio è chiaro: se volete l’AGI, preparatevi a sacrificare il vostro work-life balance.
Sul fronte delle criptovalute, la Federal Reserve difende a spada tratta la sua gestione del settore, con Michael Barr che prova a convincere tutti che la Fed non sta soffocando l’innovazione, ma semplicemente garantendo “solidità e sicurezza finanziaria”. Strano che le aziende crypto non siano d’accordo. La verità? Le banche stanno ancora cercando di capire come trarre profitto senza far infuriare i regolatori.
Stripe, invece, si gode la sua rinascita finanziaria, tornando a una valutazione di 91,5 miliardi di dollari, poco sotto il record del 2021. Dopo una discesa a 50 miliardi nel 2023, la società sembra essersi ripresa alla grande, dimostrando che il fintech non è morto, ma solo un po’ acciaccato. La concorrenza con PayPal si fa più serrata, ma per ora la società sembra giocare bene le sue carte.
X, l’ex Twitter, sembra finalmente vedere qualche spiraglio di luce nel tunnel pubblicitario. Dopo il crollo post-acquisizione di Musk, il CEO di WPP dice che gli inserzionisti stanno tornando. Perché? Mistero. Forse hanno smesso di preoccuparsi della moderazione dei contenuti o forse è semplicemente perché non possono ignorare un social con milioni di utenti. Intanto Musk, sempre affezionato ai tribunali, ha ancora cause in corso contro chi lo ha boicottato.
A Washington, la FAA sta pensando di scaricare Verizon per affidare a Starlink l’aggiornamento delle comunicazioni del controllo del traffico aereo. Sì, avete capito bene: lo stesso Musk che guida SpaceX e che la FAA dovrebbe regolamentare potrebbe finire per prendersi un contratto da 2,4 miliardi. Ovviamente non c’è nessun conflitto d’interessi, assolutamente no.
Runway, la startup che ha praticamente dato il via alla rivoluzione del video generato dall’AI, ora punta a spodestare i giganti. Sì, perché OpenAI e Google si sono lanciati nella corsa con Sora e Lumiere, ma Runway non ha alcuna intenzione di farsi da parte. Il piano? Andare oltre il semplice “video generato” e costruire un intero ecosistema di creazione cinematografica assistita dall’AI.
Insomma, se oggi i registi stanno ancora litigando con Premiere Pro, domani potrebbero dirigere film interi con qualche comando testuale. Resta da vedere se il risultato sarà più Kubrick o più deepfake di quarta categoria. E mentre l’AI si prepara a rivoluzionare il cinema, Elisabetta, pardon, Trinity avrebbe probabilmente trovato il cinepanettone di Natale perfetto.
Baidu scalda i motori e si prepara a lanciare Ernie 4.5, la sua ultima creatura AI, il 16 marzo. Sì, perché mentre tutti guardano a OpenAI e Google, in Cina il gioco è diverso: qui l’AI è una questione di orgoglio nazionale, e Baidu vuole dimostrare che può giocarsela alla pari con i colossi occidentali.
Ernie 4.5 promette miglioramenti significativi rispetto alla versione precedente, con un focus su capacità di ragionamento, comprensione del linguaggio e generazione di contenuti sempre più fluidi. Tradotto: vogliono farci credere che questa AI sarà più intelligente, più veloce e forse anche più obbediente. Il dettaglio più interessante? Pechino tiene le redini strette, quindi Ernie 4.5 sarà sicuramente potente, ma entro i limiti di ciò che è “approvato”. Perché l’AI in Cina non è solo una corsa tecnologica, ma anche una partita politica.
