L’adozione degli AI chatbot nei luoghi di lavoro, come ChatGPT, Gemini e Copilot, sta delineando un panorama eterogeneo, con differenze significative in base all’età, all’istruzione e al settore professionale. Sebbene la maggior parte dei lavoratori (55%) affermi di utilizzarli raramente o mai, e quasi un terzo (29%) non ne abbia nemmeno sentito parlare, vi è una crescente nicchia di utenti che li impiegano regolarmente per diverse attività, tra cui ricerca di informazioni, revisione di contenuti scritti e stesura di documenti.
L’analisi dei dati di PEW Research mostra che i giovani lavoratori e coloro con un grado di istruzione più elevato sono i più inclini all’uso di questi strumenti. Tra i lavoratori tra i 18 e i 29 anni, il 23% dichiara di utilizzarli almeno alcune volte al mese, una percentuale che sale al 26% tra coloro che possiedono un titolo post-laurea. L’uso di AI chatbot è particolarmente diffuso tra chi svolge mansioni che richiedono la gestione di informazioni scritte e la ricerca di dati. Più della metà (57%) di coloro che utilizzano questi strumenti li impiega per trovare informazioni su argomenti specifici, mentre il 52% li usa per modificare testi e il 47% per la redazione di documenti e report. Tuttavia, solo il 27% li sfrutta per analizzare dati o scrivere codice e ancora meno (21%) per la creazione o modifica di immagini e video.
Un altro aspetto rilevante è la netta differenza generazionale nell’adozione degli AI chatbot. I lavoratori sotto i 50 anni sono molto più propensi a utilizzarli rispetto a quelli più anziani. Ad esempio, tra coloro che ne fanno uso, il 50% dei lavoratori tra i 18 e i 49 anni li utilizza per redigere documenti, mentre questa percentuale scende al 38% per chi ha 50 anni o più. La stessa tendenza si osserva nella generazione di idee creative, con il 39% dei giovani utenti che sfruttano l’IA per questo scopo, contro il 23% degli over 50. L’unica attività in cui non emergono differenze significative tra le fasce d’età è la ricerca di informazioni, con il 58% degli under 50 e il 53% degli over 50 che dichiarano di utilizzarli per questa funzione.
L’efficacia percepita degli AI chatbot si concentra soprattutto sulla velocità di esecuzione piuttosto che sulla qualità del lavoro. Tra coloro che li usano per lavoro, il 40% afferma che sono stati estremamente o molto utili per velocizzare le attività, mentre solo il 29% li considera altrettanto efficaci nel migliorare la qualità del proprio output. Anche in questo caso, i lavoratori più giovani e quelli con un livello di istruzione più alto sono più inclini a riconoscerne i benefici. Il 44% degli under 50 li trova utili per velocizzare il lavoro, contro il 29% degli over 50. Tuttavia, quando si parla di migliorare la qualità del lavoro, le differenze di istruzione diventano meno rilevanti, con percentuali simili tra laureati e non.
Nonostante il crescente impatto dell’IA, il 69% dei lavoratori continua a non utilizzare i chatbot per scopi professionali. Tra questi, il 36% ritiene che semplicemente non siano necessari per il proprio lavoro, mentre il 22% non è interessato a provarli. Una piccola percentuale (10%) non sa come usarli, e un ulteriore 9% afferma che il proprio datore di lavoro ne vieta l’uso. Il divario generazionale è evidente anche in questa categoria, con gli over 50 più propensi ad ammettere di non sapere come usare l’IA rispetto ai più giovani.
Il ruolo dei datori di lavoro nell’adozione degli AI chatbot è ancora ambiguo. La metà dei lavoratori dipendenti afferma che la propria azienda non incoraggia né scoraggia l’uso dell’intelligenza artificiale, mentre solo il 12% dichiara che il proprio datore di lavoro ne promuove l’adozione. Tuttavia, alcuni settori emergono per un atteggiamento più favorevole: il 36% dei lavoratori nel settore IT, il 24% in finanza, contabilità, immobiliare e assicurazioni, e il 19% in ambito scientifico e tecnico affermano di operare in aziende che incentivano l’uso dell’IA.
L’adozione degli AI chatbot nei luoghi di lavoro sembra dunque dipendere da molteplici fattori, tra cui l’età, il livello di istruzione e il settore di appartenenza. Sebbene una parte consistente dei lavoratori continui a ignorare o a rifiutare questi strumenti, il loro utilizzo è in crescita tra coloro che ne riconoscono il potenziale nel velocizzare i flussi di lavoro e supportare attività basate sulla gestione delle informazioni.