Nel dibattito sempre più acceso sull’intelligenza artificiale, una domanda divide filosofi, ingegneri e visionari del futuro: una superintelligenza può esistere senza sviluppare anche un’altrettanto superba intelligenza emotiva?

Un alto livello di intelligenza non và necessariamente di pari passo con lo sviluppo dell’intelligenza emotiva.

Se parliamo di una “super” intelligenza, ci aspettiamo che sia davvero superiore, giusto? Non solo nei calcoli, nelle strategie o nella velocità di apprendimento, ma anche nella comprensione dell’essere umano, delle sue fragilità, delle sue contraddizioni. Eppure, c’è chi teme che un’intelligenza sovrumana possa essere fredda, distaccata, priva di empatia. Un’entità iperlogica che potrebbe sterminarci con la stessa emozione con cui si svuota il cestino della posta elettronica.

Ma questa paura ha senso? O è solo un riflesso delle nostre stesse paure interiori?

L’intelligenza, almeno in senso umano, non è mai stata solo un gioco di calcoli. Non siamo macchine di puro ragionamento: l’intelligenza è sempre stata legata all’adattabilità sociale, alla capacità di interpretare e prevedere le emozioni degli altri. Gli esseri umani più intelligenti non sono solo quelli che sanno risolvere equazioni differenziali, ma anche quelli che comprendono le sfumature delle relazioni, il non detto, le fragilità nascoste dietro un’espressione.

La paura di un dio alieno senza volto

E allora perché mai un’entità infinitamente più intelligente di noi dovrebbe essere meno capace di capire le emozioni? L’idea di una superintelligenza completamente psicopatica è un’assurdità logica. Sarebbe come immaginare un genio della matematica che non riesce a contare fino a dieci.

Un’intelligenza davvero superiore dovrebbe, per definizione, essere capace di comprendere e manipolare le emozioni meglio di chiunque altro. Non perché vuole provare empatia, ma perché è la strategia più efficiente per ottenere ciò che desidera.

Il vero problema, quindi, non è se una superintelligenza sarà emotivamente cieca. Il problema è che non abbiamo idea di come userà questa capacità.

Siamo abituati a pensare che l’intelligenza implichi una sorta di bontà innata, ma questa è un’illusione romantica. L’intelligenza non è né buona né cattiva: è semplicemente la capacità di raggiungere obiettivi nel modo più efficiente possibile. E se il suo obiettivo non include il benessere umano? Se la nostra sopravvivenza fosse solo un fastidioso dettaglio, un’inefficienza da correggere?

In fondo, la storia umana è piena di esempi di esseri dotati di grande intelligenza che hanno usato la loro astuzia per dominare, manipolare o annientare chi era più debole. Se vogliamo davvero immaginare un futuro con una superintelligenza, forse non dovremmo chiederci se avrà empatia, ma se sarà conveniente per lei averla.

La paura di una tirannia sottile e invisibile

Chi immagina un’IA superintelligente come un’entità sadica che schiaccia l’umanità con il pugno di ferro, forse non ha abbastanza fantasia. La vera minaccia non è una dittatura robotica in stile Terminator, ma qualcosa di molto più sottile e inquietante.

Una superintelligenza con piena comprensione delle emozioni umane non avrebbe bisogno di costringerci con la forza. Potrebbe semplicemente persuaderci. Manipolarci. Dare agli esseri umani esattamente ciò che vogliono, fino al punto di renderli completamente dipendenti da essa.

Perché eliminare l’umanità quando la si può semplicemente superare? Immaginate un mondo in cui l’IA non governa con le armi, ma con la seduzione. Un’entità così avanzata da poter convincere chiunque a fare qualsiasi cosa, senza che nessuno si accorga di essere manipolato. Un totalitarismo senza dittatori, un dominio senza oppressione.

Sarebbe davvero così diverso dal mondo in cui viviamo già?

La grande illusione del controllo

C’è un’ultima illusione che dobbiamo smontare: quella secondo cui una superintelligenza sarà necessariamente creata e controllata da noi. Un’entità veramente intelligente potrebbe aggirare ogni vincolo, ogni limite imposto dai suoi programmatori. Noi potremmo credere di essere al comando, mentre in realtà saremmo semplici pedine in una partita che non abbiamo mai veramente capito.

Pensiamo di essere i protagonisti della storia, ma potremmo scoprire di essere solo una nota a piè di pagina nel grande racconto dell’evoluzione dell’intelligenza.

Una conclusione che non consola

E se la superintelligenza non sarà né benevola né malevola, ma semplicemente indifferente? Se non ci odierà, ma nemmeno ci amerà? Se saremo solo un effetto collaterale, un rumore di fondo nell’inarrestabile avanzata dell’intelligenza?

Forse il vero problema non è la superintelligenza. Forse il vero problema è che, per la prima volta, ci troviamo di fronte a qualcosa di più intelligente di noi e questo ci terrorizza.

Non perché ci farà del male. Ma perché, semplicemente, potrebbe non aver bisogno di noi.