L’Europa non deve più guardare agli Stati Uniti come il principale ostacolo alla sua crescita economica. Secondo Mario Draghi, l’ex premier italiano ed ex presidente della Banca Centrale Europea, il problema è interno: è l’Europa stessa ad aver imposto dazi su sé stessa, bloccata da un eccesso di burocrazia e regolamentazione.
In un intervento sulle colonne del Financial Times, Draghi lancia un monito forte e chiaro: per il Vecchio Continente è arrivato il momento di un “cambiamento radicale”. Le attuali politiche, spiega, non hanno garantito né prosperità economica né stabilità finanziaria, né tantomeno maggiore autonomia nazionale.
Il problema principale?
Una visione miope che si è concentrata su singoli obiettivi nazionali senza considerare l’impatto collettivo.
L’Europa bloccata dalle sue stesse regole
L’analisi di Draghi mette in evidenza due fattori chiave che frenano lo sviluppo economico europeo. Il primo è l’incapacità di affrontare le limitazioni strutturali, in particolare le barriere interne e gli ostacoli normativi che penalizzano la crescita del mercato unico. Il secondo è il freno imposto alla crescita delle aziende tecnologiche a causa della sovra-regolamentazione.
Secondo l’ex presidente della Bce, la politica fiscale dovrebbe essere utilizzata in modo più proattivo, con maggiori investimenti produttivi per ridurre i surplus commerciali e stimolare la ricerca e lo sviluppo. In altre parole, servono politiche che incentivino la crescita anziché soffocarla.
Il paradosso europeo: protezione o stagnazione?
L’Europa, nel tentativo di proteggere i suoi cittadini dai rischi tecnologici e garantire la sostenibilità del debito pubblico, ha finito per irrigidirsi in un sistema che ostacola l’innovazione e la competitività. “Di fatto, l’Europa ha aumentato le proprie tariffe doganali al suo interno e rafforzato la regolamentazione in un settore che rappresenta il 70% del PIL dell’Ue”, scrive Draghi.
Questo immobilismo è ancora più preoccupante alla luce del contesto internazionale. Mentre l’economia dell’Eurozona cresce a fatica, gli Stati Uniti stanno adottando misure protezionistiche, imponendo dazi sui principali partner commerciali. L’Ue potrebbe essere la prossima vittima di questa politica, una prospettiva che aggiunge ulteriore incertezza alla già fragile ripresa economica europea.
Un cambio di mentalità per il futuro dell’Europa
Draghi conclude il suo intervento con un appello a un cambio di mentalità. L’Europa non può più permettersi di essere paralizzata dalla paura di cambiare. È necessario un approccio più dinamico e orientato alla crescita, che metta al centro investimenti strategici, innovazione e una regolamentazione più agile. Solo così il continente potrà affrontare le sfide globali con una posizione di forza, anziché con la costante paura di essere superato.
L’Europa vuole davvero imporsi da sola nuovi dazi, o è pronta a prendere in mano il proprio destino economico? La risposta, secondo Draghi, non può più attendere.