Nel 2024, il mercato dell’Intelligenza Artificiale in Italia ha raggiunto un nuovo record, toccando quota 1,2 miliardi di euro con un impressionante +58% rispetto al 2023. Un dato che certifica il crescente interesse per l’AI e il suo ruolo sempre più strategico nel tessuto industriale e imprenditoriale del Paese. Tuttavia, questa espansione non si traduce in un’adozione rapida e diffusa: l’Italia, infatti, si muove con maggiore lentezza rispetto ad altri Paesi europei. Sono questi alcuni dei risultati della ricerca dell’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano, presentata nel corso del convegno dal titolo “Artificial Intelligence, e questo è solo l’inizio”.

L’Italia all’ultimo posto in Europa per adozione AI nelle imprese

Un’analisi comparativa condotta su Francia, Germania, Irlanda, Olanda, Regno Unito, Spagna e Italia evidenzia come il Belpaese si posizioni all’ultimo posto per percentuale di grandi imprese che hanno già attivato un progetto AI. Se l’81% delle grandi aziende italiane ha valutato almeno un’iniziativa in questo ambito (contro una media europea dell’89%), solo il 59% ha già implementato un progetto, ben al di sotto della media del 69% registrata nei Paesi esaminati.

Chi utilizza l’Intelligenza Artificiale, tuttavia, lo fa con determinazione: in un caso su quattro, i progetti sono già in fase di pieno regime. E tra chi è attivo, il 65% delle aziende sperimenta con l’AI Generativa, soprattutto per lo sviluppo di sistemi conversazionali a supporto degli operatori interni. Le sperimentazioni con la Gen AI rappresentano il 43% del valore complessivo del mercato AI, mentre il restante 57% è ancora dominato da soluzioni di Intelligenza Artificiale tradizionale.

I settori più dinamici: telco, media e insurance in testa

L’analisi della spesa media per azienda rivela che i settori più attivi nell’adozione dell’AI sono Telco, Media e Insurance, seguiti da Energy, Utility e Banking-Finance. Un dato interessante riguarda anche il settore GDO-Retail, che sta registrando una crescita significativa. Sul fronte pubblico invece, la Pubblica Amministrazione rappresenta oggi il 6% del mercato AI in Italia e sta crescendo a un ritmo superiore al 100%.

AI Act e compliance: una sfida ancora aperta

Nonostante la crescente adozione dell’AI, il quadro normativo rappresenta ancora una sfida complessa per le aziende italiane. Solo il 28% delle imprese attive in progetti di AI ha adottato misure concrete per garantire la conformità alle normative, e il 52% dichiara di non avere ancora compreso appieno il quadro regolatorio, in particolare in relazione all’AI Act europeo.

Italia leader nell’uso della Generative AI pronta all’uso

Un dato in controtendenza emerge invece nell’utilizzo di strumenti di Ai Generativa pronti all’uso: il 53% delle grandi aziende italiane ha già acquistato licenze per strumenti come ChatGPT o Microsoft Copilot, una percentuale superiore a Francia, Germania e Regno Unito. Tuttavia, l’impatto di questi strumenti sulla produttività è ancora poco chiaro: il 39% delle aziende afferma di aver riscontrato un miglioramento effettivo, mentre un ulteriore 48% non ha ancora valutato in modo quantitativo gli effetti.

PMI e Intelligenza Artificiale: un gap difficile da colmare

Se il mercato AI cresce in ambito corporate, lo stesso non si può dire per le Pmi italiane, che restano in forte ritardo. Sebbene il 58% delle piccole e medie imprese sia interessato al tema AI, solo il 7% delle piccole aziende e il 15% delle medie ha avviato progetti concreti. Le principali difficoltà sono legate all’immaturità nella gestione dei dati e alla limitata capacità di investimento. L’adozione di strumenti di Generative AI riguarda solo l’8% delle Pmi, e in molti casi si tratta di investimenti minimi in fase esplorativa.

I cittadini italiani e l’AI: tra entusiasmo e timori

Dal lato della percezione pubblica, il 99% degli italiani conosce il termine “intelligenza artificiale” e l’89% ha sentito parlare di Intelligenza Artificiale Generativa, con un incremento di 32 punti rispetto al 2023. L’Italia si distingue come il Paese europeo con l’atteggiamento più favorevole verso l’AI: il 59% degli italiani ha un’opinione positiva (contro il 47% degli inglesi e il 42% dei francesi). Tuttavia, si registra un calo di 8 punti rispetto all’anno precedente, sintomo di un dibattito sempre più acceso sui rischi connessi, come la manipolazione delle informazioni tramite deepfake e l’impatto sul mercato del lavoro.

Il Piano AI 2024-2026: una strategia per colmare il gap

Con l’introduzione della nuova strategia nazionale sull’Intelligenza Artificiale 2024-2026, il governo punta a colmare le lacune in quattro aree chiave: ricerca, imprese, pubblica amministrazione e formazione. Sul fronte della ricerca, l’Italia si distingue per la produzione scientifica, con un incremento dei fondi FAIR (pari a 28,7 milioni di euro), ma resta debole nella capacità di attrarre e trattenere talenti.

Le imprese, come evidenziato, mostrano una forte dicotomia tra grandi aziende all’avanguardia e PMI in ritardo. Anche l’ecosistema startup fatica a crescere e attrarre investimenti. Sul versante della Pubblica Amministrazione, si registrano segnali positivi, con un crescente inserimento dell’AI nelle linee guida per la digitalizzazione.

Infine, l’ambito della formazione registra progressi grazie all’aumento di corsi universitari e percorsi ITS dedicati all’AI. Tuttavia, la conoscenza diffusa dell’AI tra i cittadini rimane spesso superficiale e poco strutturata.

Un futuro da scrivere

Ma quindi in buona sostanza, cosa emerge dall’analisi dell’Osserevatorio AI del Politecnico di Milano? Un quadro nel quale l’AI in Italia è in forte crescita ma con sfide importanti ancora da affrontare. Lato imprese, ad esempio, mentre le grandi aziende investono con decisione, il divario con le Pmi resta ampio. Il nodo normativo e la governance dell’AI poi restano questioni aperte, così come la necessità di accelerare sulla formazione (sic!) e sull’attrazione di talenti. Calma e gesso verrebbe da dire. Partiamo da un dato: il 2024 ha segnato un punto di svolta. Adesso serve una strategia chiara a livello Paese per non perdere il treno dell’innovazione.


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