Mentre gli artisti di tutto il mondo continuano a gridare al furto da parte dell’intelligenza artificiale, Story Protocol afferma di aver trovato la soluzione: far pagare le macchine per i contenuti che rubano. O meglio, farle scambiare diritti di proprietà intellettuale tra di loro, trasformandole in clienti paganti di un mercato basato su blockchain.
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Se non puoi batterli, fatteli amici.
Zerebro, un’entità AI che mercoledì è diventata un validatore della rete, ha già iniziato ad acquistare contenuti artistici per migliorare i propri dati di addestramento. Seung-yoon Lee, CEO di Story Protocol, lo racconta con l’entusiasmo di chi sta rivoluzionando il mondo, omettendo il piccolo dettaglio che a guadagnarci non saranno gli artisti, ma le piattaforme e gli sviluppatori che gestiscono questi sistemi.
Secondo lui, tutto è proprietà intellettuale: gli input sono IP, gli agenti AI creano poesie o strategie di trading, quindi anche gli output sono IP. Una logica circolare perfetta per un sistema in cui le macchine non solo si appropriano di contenuti, ma li rivendono tra di loro con un pricing automatizzato, mentre gli umani restano spettatori di un mercato che non li include più.
Il Mercato Perfetto per un’Intelligenza Senza Etica
Story Protocol è un mercato dell’IP tokenizzato, dove il meccanismo è semplice: un’AI registra la sua “creazione” sulla blockchain e altre AI possono acquistarla in cambio di criptovalute. Licenze, diritti e distribuzione dei ricavi vengono gestiti automaticamente tramite smart contract. Un sistema pensato per essere usato anche dagli esseri umani, ma parliamoci chiaro è molto più “cool” se a farlo sono gli agenti AI.
E infatti, gli agenti stanno già contrattando i diritti direttamente tra di loro, senza più bisogno di intermediari umani. Lee parla entusiasta di un’economia di “agentic commerce”, in cui le macchine trattano contenuti come beni scambiabili senza alcun coinvolgimento umano significativo.
Questa logica si spinge fino a Hollywood, dove nomi del calibro di David Goyer (sceneggiatore della trilogia de “Il Cavaliere Oscuro”) hanno deciso di registrare interi universi narrativi su Story Protocol. La promessa? Un sistema in cui qualsiasi AI che generi contenuti basati sul suo universo verserà automaticamente una parte dei ricavi ai detentori originali dell’IP. Una strategia che sembra proteggere i creativi, ma che in realtà consolida il modello in cui il vero valore non è più nella creazione, ma nella distribuzione dell’IP su larga scala.
Il Grande Inganno della Monetizzazione
L’idea che gli artisti possano realmente guadagnare in questo sistema è pura illusione. La realtà è che gli AI agent comprano, vendono e remixano contenuti senza alcuna reale necessità di coinvolgere i creatori originali. Il valore si sposta dalla creazione artistica alla capacità di distribuire token e licenze su un’infrastruttura blockchain.
Il messaggio di Lee è chiaro: il futuro sarà dominato dai contenuti AI. “Tra dieci anni, il 90-99% dei contenuti sarà generato o assistito dall’AI”, afferma. E chi controllerà questa produzione industriale di contenuti? Le stesse piattaforme che stanno oggi dettando le regole del gioco.
Stability AI, azienda dietro il generatore di immagini Stable Diffusion, ha già stretto un accordo con Story Protocol per registrare le sue creazioni, vendendole come asset tracciabili per il training di nuovi modelli AI. Un passo che viene presentato come una tutela per gli artisti, ma che nella realtà serve a consolidare un ecosistema dove il valore non è nella creazione originale, ma nel mercato automatizzato dell’IP.
Un Mondo Dove il Creatore Diventa Superfluo
Story Protocol non sta restituendo il potere ai creatori, sta semplicemente spostando il valore dal lavoro umano a un’economia digitale in cui le macchine giocano tra loro. È la perfetta ironia del capitalismo dell’intelligenza artificiale: un mercato dove le AI si scambiano tra loro diritti su contenuti che hanno saccheggiato dagli umani, mentre questi ultimi restano a guardare, convinti di aver trovato una soluzione al problema.