Mi stavo leggendo un interessante articolo sul NY Times, veramente divertente e fine l’approccio.
Nella sua solita conference call trimestrale, Mark Zuckerberg ha deliziato gli investitori con il racconto fiabesco dei progressi di Meta nel mondo dell’intelligenza artificiale generativa. Il CEO ha snocciolato cifre impressionanti, parlando di un’esplosione di inserzionisti che stanno abbracciando i suoi strumenti di IA come se fossero il futuro della pubblicità:
“Oltre 4 milioni di inserzionisti stanno ora utilizzando almeno uno dei nostri strumenti creativi di annunci AI generativi, rispetto al milione di sei mesi fa. C’è stata una significativa adozione anticipata del nostro primo strumento di generazione video che abbiamo lanciato a ottobre, Image Animation, con centinaia di migliaia di inserzionisti che lo utilizzano già ogni mese”.
Una crescita esponenziale, certo, ma il vero punto non è la quantità. È la qualità. Dicembre scorso avevo ironicamente ipotizzato che una piccola azienda avrebbe prodotto la campagna pubblicitaria più efficace del 2025 usando gli strumenti Movie Gen di Meta. Da allora, Meta ha quadruplicato gli inserzionisti che si stanno buttando nella mischia. Il successo? Non è affatto garantito, ma ciò che è sicuro è che Meta venderà a tutti la speranza di diventare il prossimo grande genio creativo… con uno strumento che genera pubblicità in serie.
Ovviamente, la portata del colosso impone di guardare le cose con una certa diffidenza. Zuckerberg ha ricordato che 3,3 miliardi di persone usano almeno una delle sue app ogni giorno. In teoria, centinaia di milioni di inserzionisti potrebbero sfruttare gli strumenti IA di Meta per inondare il 40% della popolazione mondiale con annunci generati da un algoritmo. Un sogno per il capitalismo delle piattaforme, un incubo per chiunque creda ancora che la pubblicità possa essere qualcosa di più di una formula preconfezionata da un LLM.
Ma la vera rivelazione di Zuckerberg è stata la sua dichiarazione secondo cui “le persone non vogliono tutte usare la stessa IA, le persone vogliono che la loro IA sia personalizzata in base al loro contesto, ai loro interessi, alla loro personalità, alla loro cultura e al modo in cui pensano al mondo”. Tradotto: Meta sta lavorando affinché l’IA non crei più solo pubblicità, ma confezioni narrazioni su misura per manipolare le percezioni di ogni singolo utente. Un mondo in cui non c’è più una storia condivisa, ma infinite versioni alternative della realtà, costruite su misura da un’intelligenza artificiale che nessuno può davvero controllare.
A questo punto, la domanda non è più se Meta riuscirà a rivoluzionare la pubblicità. La domanda è se ci accorgeremo per tempo del baratro in cui ci sta portando. Hank Azaria lo ha detto chiaramente sul New York Times: questo è il futuro da cui dovremmo guardarci bene. Ma forse è già troppo tardi.