In un’epoca in cui la rapidità conta più dell’innovazione, il team di Hugging Face ha deciso di dimostrare che clonare è meglio che creare. In sole 24 oreperché perdere tempo con dettagli inutili? ha replicato il sistema Deep Research di OpenAI, ribattezzandolo con l’originalissimo nome di Open Deep Research. L’ironia del prefisso “Open” è tutta da gustare, considerando che il progetto nasce come una versione alternativa di qualcosa che, in teoria, dovrebbe già essere aperto.
Il gioiellino di Hugging Face si distingue per la sua capacità di navigare autonomamente sul web e generare report di ricerca, un’abilità che oggi persino un adolescente con ChatGPT e un motore di ricerca potrebbe padroneggiare. Eppure, nonostante la fretta con cui è stato assemblato, Open Deep Research può già vantare un onorevole 55,15% di accuratezza nel benchmark GAIA, poco distante dal 67,36% dell’originale di OpenAI. Insomma, non è il massimo, ma nemmeno una figuraccia totale.
A rendere possibile questa impresa è l’uso della libreria “smolagents“, un nome che trasuda umiltà, ma che nasconde un’intuizione geniale: abbandonare gli agenti JSON per abbracciare agenti di codice. Il risultato? Un mirabolante +30% in efficienza operativa, il che è utile quando il tuo obiettivo è eguagliare un colosso dell’AI copiandolo in tempo record. Il sistema, dicono, eccelle nell’affrontare domande complesse che richiedono sintesi di informazioni. Ma la vera sfida rimane capire se il pubblico troverà davvero rivoluzionario un software che, essenzialmente, setaccia il web e riassume quello che trova.
Dietro questa impresa di velocità c’è, ovviamente, l’uso di modelli linguistici esistenti—perché reinventare la ruota? Open Deep Research si appoggia a GPT-4o e a modelli di ragionamento simulato come o1 e o3-mini, ma è aperto a qualsiasi altro modello compatibile. Insomma, un sistema camaleontico, pronto a funzionare con chiunque voglia adottarlo, senza troppe pretese di unicità.
Il progetto ha già attirato orde di sviluppatori entusiasti, dimostrando ancora una volta che nell’AI, più del valore di un’idea, conta l’hype attorno ad essa. A rendere il tutto più affascinante è la scelta di riciclare strumenti di navigazione e ispezione testuale del progetto Magnetic-One di Microsoft Research. Un bell’esempio di come, in questo settore, la parola d’ordine sia “combinare pezzi esistenti” piuttosto che “innovare”. E forse, alla fine, il segreto del successo sta proprio in questo: perché sudare per creare quando si può assemblare?