L’Unione Europea prosegue imperterrita nel suo sogno di diventare la paladina della regolamentazione dell’intelligenza artificiale, incurante delle possibili ripercussioni. Mentre Bruxelles si prepara a pubblicare nuove linee guida per vietare alcuni utilizzi dell’AI, Donald Trump avverte che la crociata contro le aziende tecnologiche americane non rimarrà impunita.
Il tanto decantato AI Act, approvato nel 2023, è stato celebrato come il regolamento più avanzato al mondo, ma nei fatti si traduce in una serie di ostacoli burocratici che rischiano di paralizzare l’innovazione. Da domenica, alcune pratiche, come il data scraping per il riconoscimento facciale, sono ufficialmente vietate. Nei prossimi anni, altre restrizioni colpiranno modelli di AI di grandi dimensioni e applicazioni considerate “ad alto rischio”, in settori come la sanità.
Nonostante le minacce di ritorsione da parte degli Stati Uniti, Bruxelles continua la sua marcia regolatoria con l’arroganza di chi crede di poter dettare legge su scala globale. L’UE ha già iniziato a “rivalutare” le indagini su colossi americani come Apple, Meta e Google, mentre Trump, con il suo tipico stile diretto, definisce queste mosse un “sistema di tassazione mascherato” e promette battaglia.
Il cuore del problema è sempre lo stesso: l’UE pretende di costringere le aziende tech a essere più trasparenti, imponendo regole che vanno dall’accesso al codice sorgente fino a improbabili valutazioni dei rischi. Chi non si adegua sarà multato pesantemente o, peggio ancora, bandito dal mercato europeo. Una strategia che, ovviamente, non entusiasma le grandi aziende, già preoccupate dal fatto che l’eccesso di regolamentazione possa strangolare gli investimenti in AI.
Meta, tra gli altri, ha chiarito che troppe restrizioni potrebbero rendere l’Europa irrilevante nello sviluppo dell’intelligenza artificiale. Le aziende si oppongono in particolare alle regole che obbligano a condividere informazioni sensibili e a concedere ai “terzi” l’accesso ai loro modelli. Non sorprende che il dibattito sia ancora acceso: per alcuni, la regolamentazione europea è un baluardo contro i rischi dell’AI, per altri è un suicidio tecnologico che renderà l’Europa dipendente dalle innovazioni altrui.
Nel frattempo, Trump non ha perso tempo e ha subito rilanciato con un progetto colossale da 500 miliardi di dollari per l’infrastruttura AI, dimostrando chiaramente quale sia la sua visione: meno regolamenti, più sviluppo. Ha persino firmato ordini esecutivi per eliminare molte delle restrizioni esistenti, inviando un messaggio chiaro a Bruxelles: gli Stati Uniti non si faranno intralciare dalla burocrazia europea.
L’UE, dal canto suo, finge di ignorare il problema, rassicurando che le nuove regole saranno “flessibili” e “amiche dell’innovazione”. Tuttavia, dietro le quinte, il timore è palpabile: e se la pressione americana costringesse Bruxelles a rivedere le proprie posizioni? Secondo alcuni esperti, c’è il rischio concreto che l’AI Act venga annacquato fino a diventare una scatola vuota, un regolamento simbolico privo di reali conseguenze.
Nel frattempo, la Commissione Europea si barcamena tra negoziati infiniti e un codice di condotta per le AI generali – come GPT-4 di OpenAI o Gemini di Google – che dovrebbe chiarire come applicare la legge. Decine di aziende e centinaia di esperti stanno partecipando a questo teatrino burocratico, che dovrebbe concludersi ad aprile.
La verità? L’Europa sogna di essere il faro globale dell’AI etica, ma rischia di trasformarsi nel cimitero dell’innovazione tecnologica. E mentre Bruxelles si illude di poter imbrigliare l’intelligenza artificiale con regole e burocrazia, gli Stati Uniti – e il resto del mondo – vanno avanti senza guardarsi indietro.