La decisione del governatore del Texas, Greg Abbott, di vietare l’uso del software di intelligenza artificiale cinese Deepseek sui dispositivi governativi rappresenta una mossa strategica nel panorama della sicurezza nazionale e della protezione dei dati. La misura si inserisce in un quadro più ampio di restrizioni nei confronti delle tecnologie cinesi, riflettendo le crescenti preoccupazioni dell’amministrazione statunitense sulla possibilità che Pechino utilizzi questi strumenti per raccogliere informazioni sensibili.

Deepseek, una filiale di un importante hedge fund quantitativo cinese, si è rapidamente diffusa negli Stati Uniti grazie alla sua politica di accesso gratuito o a costi irrisori. Questo ha sollevato interrogativi sulla finalità dell’offerta e sulla potenziale raccolta di dati, specialmente in un contesto in cui l’intelligenza artificiale rappresenta un asset strategico non solo per l’industria, ma anche per la difesa e la governance pubblica.

Il Congresso ha recentemente vietato l’uso di Deepseek sui dispositivi governativi a livello federale, e la decisione del Texas sembra anticipare misure simili in altri stati. Tuttavia, il vero interrogativo è se l’amministrazione Trump adotterà un divieto più ampio che coinvolga anche il settore privato. L’ex presidente ha già definito Deepseek un “campanello d’allarme” per l’industria tecnologica americana, sottolineando il rischio di una dipendenza eccessiva da tecnologie sviluppate all’estero, in particolare in Cina.

Questa nuova stretta segue il solco delle restrizioni precedenti imposte a Huawei e TikTok, entrambe aziende cinesi considerate potenziali minacce alla sicurezza nazionale dagli Stati Uniti. L’attenzione ora si sposta su come le aziende americane risponderanno a questa escalation. Il timore, infatti, è che le limitazioni su Deepseek possano avere ripercussioni economiche per le imprese che ne hanno già integrato i modelli di intelligenza artificiale nei loro processi.

Meta Valuta l’Uscita dal Delaware: Zuckerberg Segue la Strada di Musk?

Parallelamente, Meta Platforms sta valutando di reincorporarsi al di fuori del Delaware, con Texas e altri stati tra le possibili alternative. La notizia, riportata dal Wall Street Journal, suggerisce un cambiamento di strategia da parte di Mark Zuckerberg, che potrebbe allinearsi alle recenti mosse di Elon Musk. Quest’ultimo ha già trasferito Tesla e SpaceX fuori dal Delaware, un territorio storicamente scelto dalle grandi aziende americane per la sua legislazione societaria favorevole.

Non è chiaro cosa abbia spinto Meta a considerare questa mossa, ma il contesto politico potrebbe essere un fattore determinante. Negli ultimi mesi, l’azienda ha preso decisioni che sembrano avvicinarla all’amministrazione Trump, tra cui la fine dei programmi di diversità, equità e inclusione e l’eliminazione di iniziative di fact-checking sulle sue piattaforme.

Nonostante queste decisioni, il Wall Street Journal riferisce che la discussione sulla reincorporazione sarebbe iniziata prima dell’insediamento della nuova amministrazione, il che suggerisce motivazioni più ampie. Tra le ipotesi ci sono il desiderio di ottenere vantaggi fiscali, una minore regolamentazione o una maggiore protezione dagli azionisti attivisti, che in Delaware hanno più strumenti per contestare le decisioni aziendali.

Se Meta dovesse effettivamente trasferire la propria incorporazione, sarebbe un altro segnale di come le aziende tecnologiche stiano ridefinendo il loro rapporto con il governo e le istituzioni statunitensi, bilanciando interessi economici, politici e regolatori in un periodo di forte polarizzazione.