L’industria dell’intelligenza artificiale non è mai stata così redditizia, almeno per chi sta dalla parte giusta della storia o meglio, della cassa. OpenAI ha chiuso l’anno con numeri che farebbero impallidire anche il più spietato venture capitalist: gli abbonamenti a pagamento di ChatGPT sono quasi triplicati, passando da 5,8 milioni a 15,5 milioni di utenti, garantendo un flusso di cassa mensile di almeno 333 milioni di dollari. Se si moltiplica questa cifra per 12, il conto è semplice: parliamo di almeno 4 miliardi di dollari all’anno.
Ma l’oro dell’AI non sta solo negli abbonamenti premium. OpenAI ha anche fatto esplodere l’utilizzo del suo API, quello che permette a giganti come Salesforce e T-Mobile di integrare la potenza del chatbot direttamente nei loro sistemi. Il volume di token elaborati è aumentato di sette volte in un solo anno, passando da 200 milioni al minuto a 1,4 miliardi. Se incrociamo i prezzi pubblicamente disponibili dell’API con i dati di Braintrust—startup che analizza il mercato AI—il business dell’API potrebbe generare altri 270 milioni al mese, ovvero 3,2 miliardi di dollari l’anno. Un risultato che supera di gran lunga la proiezione iniziale di OpenAI, che puntava a 2 miliardi di dollari di ricavi API entro il 2025.
Ora, tutto questo suona come un perfetto caso di successo, ma il mercato della tecnologia non è mai stato un posto dove dormire sugli allori. E infatti, OpenAI si trova davanti a una minaccia sempre più concreta: la concorrenza cinese. Startup come DeepSeek stanno rilasciando modelli open-source di qualità comparabile a ChatGPT, ma a costi drasticamente inferiori. Un problema non da poco, tanto che persino Sam Altman, il carismatico CEO di OpenAI, ha dovuto ammettere che la sua azienda potrebbe dover rivedere la propria strategia.
In un raro momento di autocritica pubblica, Altman ha dichiarato su Reddit che OpenAI potrebbe rilasciare alcuni pesi dei suoi modelli in formato open-source, ossia le impostazioni che determinano il funzionamento dell’AI. “Penso personalmente che siamo stati dalla parte sbagliata della storia e dobbiamo trovare una strategia open-source diversa,” ha scritto. Tradotto: il modello chiuso e super profittevole potrebbe non reggere l’urto della concorrenza e c’è bisogno di cambiare rotta prima che sia troppo tardi.
Così, mentre OpenAI nuota nei miliardi, si prepara a combattere il suo più grande nemico: l’open-source, il concetto che per anni ha reso il software libero una minaccia per chi voleva monetizzare la conoscenza. Sarà interessante vedere come un’azienda nata dalla promessa di un’IA “per tutti” riuscirà a giustificare il suo nuovo dilemma esistenziale: difendere un business da 4 miliardi di dollari senza apparire come il cattivo della storia