Masayoshi Son, CEO di SoftBank, ha tranquillizzato tutti: l’intelligenza artificiale non ci mangerà. Non perché ci voglia bene, non perché abbia un’etica, ma semplicemente perché non funziona a proteine. “Se la loro fonte di energia fosse proteine, allora sarebbe pericoloso,” ha spiegato Son, con la serena consapevolezza di chi sta costruendo il futuro dell’umanità con la stessa nonchalance con cui si investe in una startup di delivery.

A fargli eco, Sam Altman di OpenAI, che durante il loro incontro a Tokyo ha rassicurato il pubblico su un altro aspetto: l’AI non ruberà nemmeno il lavoro, perché, tanto, l’umanità trova sempre qualcosa da fare. Certo, come no. Così come i tessitori del XIX secolo hanno trovato facilmente impiego quando i telai automatici hanno fatto il loro ingresso trionfale nelle fabbriche. O come i lavoratori del call center quando sono arrivati i chatbot. Il progresso non si ferma mai: l’importante è che la gente continui a essere ottimista mentre l’AI riscrive le regole del gioco.

Nel frattempo, OpenAI ha deciso di rispondere con rapidità alla minaccia di DeepSeek, un ambizioso modello cinese che ha dimostrato che l’innovazione non è solo appannaggio della Silicon Valley. Con una mossa da manuale, OpenAI ha lanciato in fretta e furia l’o3-mini, il nuovo modello della sua serie di AI “a basso costo” e ad alte capacità di ragionamento. Tradotto: una macchina più efficiente per produrre contenuti, analisi e—perché no?—sostituire un bel po’ di umani in vari settori.

A proposito di futuro, SoftBank sta mettendo sul piatto 25 miliardi di dollari per OpenAI, con l’ambizione di diventarne il principale finanziatore. Tanto per mettere le cose in prospettiva, Microsoft ci ha messo “solo” 13 miliardi. Ma chi è che aveva dubbi sulla liquidità di SoftBank? Forse un certo Elon Musk, che non perde occasione per criticare Altman e la sua creatura, probabilmente infastidito dall’idea di non essere più il protagonista della rivoluzione AI. Son, con il suo aplomb da CEO giapponese, ha risposto senza scomporsi: “Non siamo una banca, ma siamo SoftBank.” Touché.

SoftBank ha annunciato un investimento di 3 miliardi di dollari all’anno nelle tecnologie di OpenAI, coinvolgendo anche le sue controllate, tra cui Arm e PayPay. Questa mossa rafforza non solo il legame commerciale tra le due società, ma segna anche un passo strategico per entrambe. SoftBank, già investitore di OpenAI, è in trattative per guidare un round di finanziamento da 40 miliardi di dollari che potrebbe portare la valutazione della società di intelligenza artificiale a 300 miliardi di dollari. Un’operazione che consolida OpenAI come uno dei player più influenti nel settore, con SoftBank che si posiziona sempre più come catalizzatore dell’innovazione tecnologica globale.

Oltre a questa imponente iniezione di capitale, le due aziende hanno annunciato la creazione di una joint venture per la commercializzazione di soluzioni AI in Giappone. Denominata Cristal Intelligence, questa iniziativa porterà una versione aziendale di ChatGPT e l’API di OpenAI alle imprese giapponesi, offrendo un’integrazione personalizzata e sicura con i sistemi aziendali. Tradizionalmente, l’implementazione su misura di strumenti di intelligenza artificiale è stata appannaggio delle grandi società di consulenza, il che suggerisce che Cristal Intelligence potrebbe diventare un concorrente diretto di giganti come Accenture e McKinsey

E mentre le aziende tradizionali cercano ancora di capire come integrare l’AI nei loro processi senza licenziare in massa, Altman alza l’asticella: in futuro, le compagnie potranno essere gestite completamente da AI. Si parla di “agenti virtuali” che avranno accesso ai sistemi aziendali, alla conoscenza storica delle imprese e che, in pratica, faranno tutto. Tranne chiedere un aumento.

Ma la vera chicca è la visione di Altman su quello che ci aspetta: memoria infinita, AI che potranno ricordare ogni dettaglio della nostra vita, dai gusti culinari alle abitudini aziendali. Un sogno per il marketing, un incubo per la privacy. Ma non c’è problema: il progresso è inevitabile, e l’importante è abituarsi in fretta, giusto?

Nel frattempo, per chi avesse ancora dubbi su chi sia in vantaggio nella corsa all’AI, OpenAI ha appena rilasciato Deep Research, un agente che promette di sostituire analisti, ricercatori e chiunque passi le giornate a spulciare dati e scrivere report. Ancora una volta, il futuro è qui. E se non siete pronti, beh, la storia non aspetta nessuno.