Il settore dei data center è noto per il suo elevato consumo energetico, e l’Italia non fa eccezione. L’attuale crescita ha già sollevato timori sulla capacità della rete elettrica di sostenere il fabbisogno crescente.

Secondo gli esperti, il problema principale non è solo la quantità di energia richiesta, ma anche il costo. L’Italia ha uno dei prezzi dell’elettricità più alti d’Europa: il costo medio dell’energia elettrica industriale si aggira intorno ai 0,25 €/kWh, mentre in Spagna è circa la metà. Questo sta spingendo alcuni investitori a valutare alternative, come i mercati emergenti del Nord Europa, dove l’energia è più economica e abbondante grazie all’idroelettrico e al nucleare.

Un altro fattore critico è la distribuzione geografica dell’energia. Con il 70% della potenza IT concentrata a Milano, il rischio di sovraccarico della rete locale diventa concreto. La questione è aggravata dal fatto che l’Italia non ha un numero sufficiente di impianti per la produzione di energia rinnovabile dedicati ai data center, a differenza di paesi come la Svezia o la Norvegia.

Mentre nei paesi anglosassoni la strategia dominante è quella dei data center “greenfield” (nuove costruzioni su terreni vergini), l’Italia si sta muovendo in una direzione diversa. Data la scarsità di suolo disponibile e i limiti infrastrutturali, si sta affermando un modello basato sulla riqualificazione di edifici esistenti (brownfield).

Questa strategia ha diversi vantaggi:

  • Minore consumo di suolo: il ritmo di urbanizzazione in Italia è già elevato (20 ettari al giorno), quindi riconvertire strutture esistenti evita un ulteriore impatto ambientale.
  • Riduzione dei tempi di realizzazione: costruire un data center ex novo richiede anni, mentre il riuso di edifici industriali dismessi può accelerare l’operatività.
  • Prossimità alle aziende: molti data center vengono posizionati vicino alle aree industriali, facilitando la connessione con le PMI, che rappresentano il 63% del PIL italiano.

Un esempio concreto è la riconversione di capannoni industriali dismessi: in Veneto si stimano circa 10.000 strutture inutilizzate, e in tutta Italia il numero è nell’ordine delle centinaia di migliaia. Sfruttare questi spazi potrebbe rappresentare una svolta per il settore, evitando la necessità di costruire nuove strutture energivore.

Un’altra soluzione innovativa è rappresentata dall’uso di edifici storici e sotterranei per ospitare data center. Un esempio interessante è il progetto (poi abbandonato) di inserire un data center all’interno di Palazzo Farnese a Roma, dimostrando che anche edifici storici potrebbero essere adattati per ospitare infrastrutture digitali.

Questa opzione, tuttavia, presenta sfide normative e tecniche, in particolare per la gestione dei gruppi elettrogeni, che spesso utilizzano gasolio e potrebbero non essere compatibili con le normative ambientali dei centri storici.