Il 2025 si apre con un messaggio chiaro: se il tuo lavoro dipende dalla scrittura, dalla creatività o dalla produzione di contenuti, hai un problema. Alex Wei, uno YouTuber freelance, ha pubblicato un video diventato virale il primo dell’anno con un titolo che suona come un epitaffio: “Happy 2025. Ho perso il mio lavoro da freelance per colpa dell’AI”.

Il video racconta una storia ormai comune: un cliente lo ha scaricato in favore di un chatbot in grado di generare post per blog a costo quasi zero. “Come posso competere con questo?” si chiede Wei, senza ricevere risposte confortanti. La realtà è che, per milioni di lavoratori come lui, la sopravvivenza professionale è tutt’altro che scontata. Anche quelli che riescono a sfruttare l’AI per non essere schiacciati dalla stessa AI stanno scoprendo che il costo per rimanere a galla sta salendo vertiginosamente.

L’accesso alle migliori AI sta diventando un lusso. OpenAI ora chiede 200 dollari al mese per il suo livello “pro”, RunwayML si fa pagare 95 dollari per le funzionalità premium e Midjourney arriva a 120 dollari per la versione migliore del suo generatore di immagini. Solo un anno fa, il miglior livello di ChatGPT costava 20 dollari e Runway ne chiedeva 15 per accedere al suo modello video Gen-3. Ora, il prezzo di queste tecnologie è un’arma di esclusione di massa per chi non può permettersi di giocare al tavolo dei grandi. Per chi vive in economie emergenti, questi costi non sono semplicemente alti: sono proibitivi.

L’AI allargherà il divario tra aziende che possono permettersi di acquistarla e quelle che non possono. Chi la usa automatizzerà il lavoro, servirà meglio i clienti e prenderà decisioni migliori. Chi non può acquistarla resterà indietro.

Se l’accesso all’AI è solo una questione di soldi, il risultato è scontato: il potere si concentra sempre di più nelle mani di chi può pagare, mentre gli altri rimangono tagliati fuori.

Chiunque pensi che la tecnologia sia una grande livella sociale farebbe meglio a dare un’occhiata alla storia recente. Con l’avvento di internet, il PIL globale è cresciuto, ma il divario tra ricchi e poveri si è allargato. Lo stesso schema si sta ripetendo con l’AI: mentre i profitti delle big tech esplodono, chi non può accedere a questi strumenti si trova progressivamente escluso dal mercato del lavoro.

Negli anni ‘90, la liberalizzazione delle telecomunicazioni negli Stati Uniti ha portato internet nelle case di milioni di americani. Ma la priorità è stata data alle zone urbane e alle fasce di reddito più alte. Nel 1999, solo il 9% delle scuole pubbliche aveva accesso a internet, e quasi tutte si trovavano nei distretti più ricchi. Ora la stessa dinamica sta accadendo con l’AI: i Paesi con maggiori risorse economiche stanno dominando la corsa all’adozione, lasciando indietro quelli più poveri.

Negli Stati Uniti, il Congresso ha creato una task force bipartisan per evitare che l’AI ampli ulteriormente il divario sociale. Ma il passato suggerisce che difficilmente le regolamentazioni potranno impedire che le tecnologie siano monopolizzate dai più ricchi. Quando Internet è diventato mainstream, gli abbonamenti erano costosi, proprio come oggi l’AI è accessibile solo a chi può pagare.

L’AI sta già creando un gap insormontabile in settori chiave. Nei Paesi ricchi, la diagnostica basata sull’AI sta rivoluzionando la medicina, mentre nei Paesi poveri resta un miraggio per via dei costi proibitivi. Nel frattempo, le regolamentazioni – come l’AI Act dell’Unione Europea – rischiano di soffocare le piccole startup e favorire i colossi che possono permettersi di rispettare gli standard imposti dai legislatori.

Se le regolamentazioni non funzionano, forse il mercato potrebbe riequilibrare la situazione. L’aumento della concorrenza potrebbe far calare i prezzi, e l’open source potrebbe diventare un’arma contro i monopoli delle big tech. DeepSeek, un’azienda cinese, ha recentemente umiliato OpenAI lanciando un modello open-source che costa una frazione di GPT-4.

Il risultato? OpenAI ha dovuto abbassare i prezzi del suo modello di ragionamento per renderlo più accessibile, Perplexity ha adottato una versione locale di DeepSeek per gli utenti occidentali, e anche Anthropic sta correndo ai ripari.

Fortunatamente più aziende stanno creando alternative open-source agli strumenti premium, e questo porterà benefici alle piccole imprese. È lo stesso processo che ha reso accessibili altre tecnologie nel tempo.

La domanda resta: quando e a che prezzo? Nel frattempo, Alex Wei e milioni di freelance come lui possono solo osservare il mercato giocare con le loro vite professionali, sperando che la prossima rivoluzione tecnologica non li lasci del tutto senza lavoro – e senza possibilità di pagarsi un abbonamento all’AI che li ha rimpiazzati.