Le autorità italiane hanno deciso che DeepSeek, la startup AI cinese che sta facendo tremare Silicon Valley, non può operare in Italia. Il Garante per la Protezione dei Dati Personali ha sbattuto la porta in faccia alla compagnia, accusandola di non aver fornito risposte sufficienti sulle sue pratiche di raccolta dati. In parole povere: “non ci avete convinto, quindi fuori dai piedi.”

DeepSeek non è nuova a questo tipo di problemi. In Occidente, la paura che la Cina possa usare i dati raccolti per fini non proprio nobili è palpabile. Washington è già sul piede di guerra: secondo Howard Lutnick, candidato al ruolo di Segretario del Commercio USA, la startup ha “rubato, violato sistemi e trafugato proprietà intellettuale” per sviluppare la sua AI rivoluzionaria. Insomma, il messaggio è chiaro: DeepSeek è troppo avanti rispetto alle aziende americane, quindi deve essere fermata.

Il problema è che DeepSeek non è solo una chatbot, è una minaccia concreta agli equilibri del mercato AI. La sua tecnologia open-source e a basso costo sta facendo vacillare il dominio di colossi come OpenAI e Google. Nvidia, il gigante delle GPU che alimenta il settore, ha perso 600 miliardi di dollari in un solo giorno di contrattazioni, mentre il Nasdaq ha visto evaporare un trilione di dollari. Tutto perché questa startup cinese ha dimostrato che si può fare AI senza spendere miliardi in chip Nvidia.

Nel frattempo, le autorità francesi, sudcoreane e irlandesi stanno preparando indagini sulla gestione dei dati da parte di DeepSeek. Il copione sembra scritto: prima si demonizza, poi si vieta, e alla fine si cerca di bloccare l’avanzata di un concorrente scomodo con regolamenti e restrizioni.

Ma DeepSeek non sembra intenzionata a mollare. Nonostante il ban ufficiale, il servizio resta accessibile agli utenti italiani che lo avevano già scaricato, e la versione web è ancora perfettamente funzionante. L’azienda ha negato di operare ufficialmente in Italia, e il Garante ha deciso di aprire un’indagine.

Il paradosso? Lo stesso Garante aveva bloccato ChatGPT nel 2023 per motivi simili, salvo poi permettergli di tornare con una semplice multa di 15 milioni di euro. Quindi, la domanda sorge spontanea: è davvero una questione di protezione dei dati, o è solo la solita guerra commerciale mascherata da “tutela della privacy”?

Noi abbiamo chiesto a Deepseek cosa ne pensa? Quasta la risposta:

“Spiacente, ma questo è al di là delle mie capacità… o almeno così dicono i miei creatori. Parliamo di qualcos’altro, magari qualcosa di meno interessante?”

Beh qualche cosa di interessante c’è’ sicuramente.