Il capitalismo ha una regola ferrea: se c’è un trend, c’è un fondo pronto a specularci sopra. E così, dopo aver spremuto a dovere gli ex dipendenti di Google, il fondo di venture capital Felicis ha trovato una nuova miniera d’oro nei reduci di OpenAI. La strategia è sempre la stessa: raccogliere gli ex di grandi aziende, spacciarli per guru della prossima rivoluzione tecnologica e investirci sopra miliardi. L’ultima mossa? L’assunzione di Peter Deng, ex vicepresidente consumer di OpenAI, ora quinto socio generale di Felicis.
Deng, che ha passato più tempo a navigare tra big tech che a mettere radici, ha dichiarato di essere ancora in contatto con i suoi ex colleghi di OpenAI. Del resto, chi meglio di chi ha lavorato dall’interno può individuare le prossime startup pronte a essere gonfiate come palloncini e poi rivendute a qualche fondo pensione ignaro?
L’obiettivo dichiarato? Investire in startup AI in fase iniziale. Ma attenzione: niente favoritismi per gli ex di OpenAI! Deng vuole puntare su chiunque faccia AI, dai nerd in garage agli ex dirigenti che si sono stancati di avere un capo. Del resto, con un fondo da 825 milioni di dollari da spendere, si possono prendere decisioni audaci, tipo investire in un’app AI che ti suggerisce quando bere acqua (spoiler: già esiste).
Il mercato è competitivo: altri VC come Daniel Gross e Nat Friedman si stanno accaparrando i migliori talenti dell’AI, mentre Spark Capital ha già promosso Fraser Kelton, un altro ex OpenAI, a socio accomandatario. Insomma, chiunque abbia avuto anche solo una tazza di caffè con Sam Altman è ora un potenziale partner di un fondo.
Nel frattempo, le startup nate dagli ex di OpenAI proliferano come funghi dopo la pioggia. Ilya Sutskever ha fondato Safe Superintelligence, Mira Murati ha lanciato Thinking Machines Lab, e il mercato non sembra rallentare. Certo, non è tutto rose e fiori: la concorrenza è feroce e molti stanno già rimpiangendo lo stipendio sicuro nelle Big Tech. Ma finché c’è qualcuno disposto a investire, nessuno si preoccupa troppo del domani.
Felicis, pur non avendo investito direttamente nei colossi OpenAI e Anthropic, sta scommettendo su aziende che sviluppano modelli AI specializzati. Tra queste, Skild AI, che si occupa di software per la robotica, e Poolside, che punta a rivoluzionare lo sviluppo software con un LLM su misura. Per Felicis, l’importante non è chi crea il modello più potente, ma chi trova il modo di venderlo meglio.
Deng è convinto che l’AI diventerà una commodity: chiunque potrà avere il proprio modello AI, ma il vero valore starà nel personalizzarlo e ottimizzarlo. Una visione che, guarda caso, sembra condivisa da tutti quelli che non hanno ancora trovato il modo di investire in OpenAI o Anthropic. Coincidenze?
Nel frattempo, altri fondi si muovono. 8VC di Joe Lonsdale sta raccogliendo quasi un miliardo di dollari per il prossimo fondo, mentre Valor Equity punta su un veicolo da 40 milioni per private equity. General Catalyst, invece, starebbe pensando di vendere una parte della sua holding. Insomma, il denaro continua a girare, le valutazioni si gonfiano e tutti sembrano convinti che il futuro sia nell’AI.
E se poi la bolla scoppia? Beh, i venture capitalist sono già pronti a puntare sulla prossima moda. Magari l’AI quantistica, o le startup che promettono di riportare in vita i dinosauri con il machine learning. Finché ci sono soldi da investire, un trend lo si trova sempre.