Masayoshi Son ha di nuovo aperto il portafoglio. E stavolta lo ha fatto in grande, con un potenziale investimento fino a 25 miliardi di dollari in OpenAI, un’operazione che, se confermata, scalzerebbe Microsoft dal trono del principale finanziatore dell’azienda di Sam Altman. Un ribaltone che non solo ridefinisce le alleanze nel settore dell’intelligenza artificiale, ma evidenzia anche il ritorno in scena di SoftBank con la sua solita, inarrestabile ambizione di plasmare il futuro della tecnologia.

Non si tratta solo di una pioggia di miliardi gettata nel vuoto. Questo affare arriva sulla scia di Stargate, un mega-progetto da 500 miliardi di dollari annunciato nientemeno che da Donald Trump (sì, proprio lui), con la promessa di costruire data center in Texas e creare 100.000 posti di lavoro americani. Masayoshi Son, ovviamente, è stato nominato presidente del progetto. Che Trump possa essere un kingmaker dell’AI è un twist che nemmeno Hollywood avrebbe osato scrivere.

Ma dietro i fuochi d’artificio politici e finanziari, c’è un riassetto più profondo in corso. Con SoftBank che sfonda la porta di OpenAI, Microsoft è costretta a ridimensionarsi. L’accordo Stargate prevede infatti che Redmond rinunci al monopolio dell’infrastruttura cloud di OpenAI, aprendo la strada a nuovi attori come Oracle. Un cambio di equilibri che segna una svolta strategica nel controllo dell’intelligenza artificiale.

Il Nuovo “Vision Fund” o un WeWork 2.0?

SoftBank non è nuova a scommesse di questa portata. La storia ci insegna che l’entusiasmo di Son per le rivoluzioni tecnologiche può trasformarsi tanto in trionfi quanto in disastri colossali. L’ombra del fallimento di WeWork aleggia ancora. Anche lì, SoftBank aveva immaginato un futuro grandioso, salvo poi trovarsi con un buco da miliardi di dollari e un CEO (Adam Neumann) che si sentiva più una rockstar che un imprenditore.

Questa volta, però, il contesto è diverso. L’AI è il nuovo petrolio, e Son lo sa bene. Con un modello di finanziamento che prevede l’80% di debito e solo il 20% di equity, SoftBank sembra replicare un modello più vicino a un’infrastruttura pubblica che a una startup tech. Ma, come nel caso di WeWork, la domanda è sempre la stessa: questa visione è davvero sostenibile o è solo un castello di carte pronto a crollare al primo soffio di vento?

Intanto, Sam Altman continua a giocare a scacchi con il futuro. Dopo aver annunciato che OpenAI è vicina all’AGI (l’intelligenza artificiale generale che dovrebbe superare le capacità cognitive umane), ha avviato una trasformazione della sua azienda in una entità a scopo di lucro con benefici pubblici. Un’ambiguità legale che richiede l’intervento di Goldman Sachs, Wachtell Lipton e M. Klein & Co per essere formalizzata. Perché quando si parla di fare soldi con l’AI, il confine tra etica e affari diventa sempre più sottile.

DeepSeek: Il Nemico Fantasma

Mentre SoftBank, OpenAI e Microsoft combattono per il dominio dell’AI occidentale, dall’altra parte del mondo un nuovo sfidante ha fatto tremare il settore: DeepSeek, un’azienda cinese che ha dimostrato come sia possibile sviluppare modelli avanzati con budget più contenuti. Una lezione umiliante per chi ha sempre creduto che solo i giganti con risorse infinite potessero dominare il campo.

Ovviamente, la reazione dell’Occidente non si è fatta attendere. Accuse di spionaggio, preoccupazioni sulla sicurezza nazionale e una valanga di dichiarazioni infuocate. Secondo il governo americano, DeepSeek avrebbe rubato tecnologia e violato proprietà intellettuali. Ma al di là delle polemiche, una cosa è certa: l’AI non è più solo una questione di potenza di calcolo, ma di accesso ai dati e applicazioni nel mondo reale.

Una Scommessa da 40 Miliardi di Dollari

Se tutti i finanziamenti previsti si concretizzassero, l’asse SoftBank-OpenAI potrebbe superare i 40 miliardi di dollari, una cifra che ridefinisce completamente le logiche di investimento nel settore. Ma il vero interrogativo rimane: sarà questa la mossa che consacrerà definitivamente SoftBank come il re dell’intelligenza artificiale, o sarà solo un altro capitolo della sua lunga saga di eccessi e follie finanziarie?

Nel frattempo, Microsoft osserva, Altman gioca su più tavoli e Trump sorride. Perché nel grande spettacolo dell’AI, tutti vogliono una fetta della torta.