Donald Trump ha annunciato lunedì l’intenzione di imporre dazi all’importazione su settori strategici come i semiconduttori e i prodotti farmaceutici, in un’iniziativa volta a riportare la produzione di beni essenziali sul suolo americano. L’ex presidente ha esposto questa proposta durante un intervento al ritiro dei repubblicani del Congresso a Miami, sostenendo che queste misure mirano a ridurre la dipendenza da Paesi esteri per tecnologie e beni fondamentali.

Trump ha messo in evidenza il caso specifico dei semiconduttori, un settore cruciale per l’industria tecnologica globale. “Hanno lasciato gli Stati Uniti per andare a Taiwan… e noi vogliamo che tornino indietro”, ha dichiarato, riferendosi in particolare ai produttori di chip. Questa dichiarazione sembra rivolgersi direttamente a Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC), il più grande produttore di semiconduttori al mondo, che potrebbe subire significative conseguenze economiche nel caso di un inasprimento delle tariffe commerciali.

Le implicazioni di tali tariffe sarebbero profonde non solo per le relazioni commerciali internazionali, ma anche per l’intera catena di approvvigionamento globale. I semiconduttori sono il cuore di dispositivi tecnologici essenziali, dai computer agli smartphone, dalle automobili ai sistemi di intelligenza artificiale. Le tariffe proposte da Trump mirano a incentivare le aziende americane a riportare la produzione all’interno del Paese, riducendo la vulnerabilità degli Stati Uniti di fronte a interruzioni nella supply chain globale, come quelle emerse durante la pandemia di Covid-19.

L’amministrazione Biden, dal canto suo, aveva già lanciato un piano ambizioso per aumentare la produzione domestica di chip attraverso sussidi e crediti d’imposta, culminato nel CHIPS and Science Act. Tuttavia, Trump ha criticato duramente l’approccio dell’attuale governo, definendolo “ridicolo” e sostenendo che le tariffe rappresentano un metodo più diretto ed efficace per rilanciare il settore manifatturiero americano. Secondo Trump, le misure adottate da Biden non avrebbero avuto l’effetto desiderato nel contrastare la dipendenza degli Stati Uniti dai principali hub di produzione globale, come Taiwan e la Cina.

Il settore farmaceutico è un altro punto focale delle proposte di Trump. Gli Stati Uniti dipendono pesantemente dalle importazioni di principi attivi farmaceutici, molti dei quali provengono dall’India e dalla Cina. L’imposizione di dazi su questi prodotti potrebbe stimolare la creazione di nuove strutture di produzione interna, sebbene vi siano dubbi sulla capacità del mercato statunitense di soddisfare la domanda interna in tempi brevi senza subire un impatto sui prezzi.

La proposta di Trump riflette una visione più protezionista della politica economica, coerente con la sua agenda “America First” del primo mandato. Tuttavia, questa strategia potrebbe scatenare reazioni da parte di Paesi alleati e partner commerciali, molti dei quali considerano Taiwan una pedina cruciale nel sistema industriale globale. Inoltre, l’implementazione di tariffe su larga scala potrebbe aumentare i costi per le imprese americane che fanno affidamento su componenti importati, con il rischio di ripercussioni sui consumatori finali.

Il dibattito si prospetta acceso, con potenziali implicazioni politiche ed economiche sia a livello domestico che internazionale. Se le tariffe proposte venissero approvate, il panorama produttivo globale potrebbe subire una trasformazione radicale, con un possibile ritorno a politiche industriali più nazionalistiche e meno globalizzate.


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