Il Doomsday Clock, quel simpatico orologio metaforico che ogni anno ci ricorda quanto siamo bravi a rovinarci la vita. Ideato nel 1947 dagli scienziati del Bulletin of the Atomic Scientists, l’orologio non misura il tempo nel senso convenzionale, ma la distanza simbolica che separa l’umanità dal suo destino autodistruttivo. Insomma, non segna quando è ora di cena, ma quando potremmo finire arrosto.
L’orologio dell’Apocalisse è un po’ come quella scena immortale di Non ci resta che piangere, quando il frate, con tono serafico e quasi comico, ripete a Troisi e Benigni: “Ricordati che devi morire!”. Un promemoria tanto angosciante quanto surreale, eppure… tremendamente efficace nel farti riflettere.
Anche il Doomsday Clock funziona con lo stesso meccanismo: non è un allarme che ti fa correre subito ai ripari, ma un monito costante, quasi beffardo, che ti obbliga a fare i conti con la fragilità della tua esistenza (e della nostra, come specie).
Solo che, mentre Troisi risponde con il suo classico sarcasmo napoletano, “Mo’ me lo segno…”, noi come umanità sembriamo non prenderlo troppo sul serio nemmeno dopo averlo “segnato”.
Il Doomsday Clock è un po’ il nostro frate medievale che ci urla “Ricordati che stai giocando col fuoco!”, ma invece di fermarci e riflettere, siamo lì a scherzare con l’accendino in mano.
L’unità di misura? Secondi alla mezzanotte, dove “mezzanotte” non è un romantico invito a ballare sotto le stelle, ma un biglietto di sola andata verso la catastrofe globale. Nel 2023, siamo arrivati a 89 secondi dalla fatidica ora. Un nuovo record, perché, si sa, quando si tratta di peggiorare le cose, l’umanità non delude mai.
Come ci siamo ridotti così?
Iniziamo con le armi nucleari. Il mondo ha ancora un arsenale capace di incenerire il pianeta più volte di quanto serva. Come se distruggerci una volta non fosse abbastanza. Tra minacce, tensioni geopolitiche e la guerra in Ucraina, sembra che nessuno abbia imparato nulla dalla Guerra Fredda, tranne forse come rendere le cose ancora più pericolose.
Poi c’è il cambiamento climatico, quella “piacevole” ondata di calore che fa sembrare ogni estate un trailer di Mad Max. Gli scienziati urlano da decenni di fare qualcosa, ma tra conferenze internazionali e promesse vuote, ci stiamo godendo un futuro fatto di incendi, inondazioni e città sommerse. Ottimo, no?
Passiamo ora alla scienza biologica, che dovrebbe essere una benedizione. Invece, tra editing genetico e manipolazioni di virus, rischiamo di creare pandemie peggiori di quelle che abbiamo già affrontato. E sì, anche stavolta c’è chi pensa a come usarle come armi. Complimenti per la creatività!
Infine, il tocco moderno: l’intelligenza artificiale. Per un attimo sembrava potesse aiutarci, ma qualcuno ha pensato: “E se la usassimo per guerre, fake news e disinformazione?”. Così, anziché un’epoca di progresso, abbiamo algoritmi pronti a peggiorare ulteriormente il caos globale.
In teoria, l’orologio dovrebbe spingerci a fare meglio. Ma, diciamocelo, sembra più una scusa per ricordarci quanto siamo pessimi nel prendere decisioni a lungo termine. Invece di affrontare questi problemi con urgenza, preferiamo ignorarli, procrastinare o litigare tra di noi.
E così, mentre ci avviciniamo sempre più alla mezzanotte, non ci resta che ammirare la nostra capacità di danneggiare ogni cosa. Ma hey, almeno abbiamo 89 secondi per pensarci su. Forse.