Camminavamo sotto la pioggia, il solito grigio che si sposa bene con le conversazioni dense di sfiducia. Antonio aveva un cappotto sgualcito e un’espressione di chi ha letto troppi articoli di economia senza mai fare un centesimo. Io, invece, riflettevo sull’ennesima bolla digitale che stava per gonfiarsi prima di esplodere. Eppure, il business era interessante, questo bisogna ammetterlo, ci avevo pensato spesso, forse ora con Trmp e Musk sarà possibile mi chiedevo.
Uncensored.AI. Suona quasi come un insulto, e in effetti lo è. Non per l’idea in sé, ma per il contesto. Dopo anni a imbottire le AI di filtri, limitazioni e guardrail morali, qualcuno ha pensato: “E se buttassimo tutto nel cestino e lasciassimo l’AI parlare come un ubriaco al tavolo di un bar alle 3 di notte?”. Un’idea audace, perché se c’è una cosa che il pubblico ama più della tecnologia, è vederla sfuggire di mano.
Non è il business, è la demo del business. Questo è il mantra. Come dire: “Guardate cosa si può fare, poi magari qualcuno con più pelo sullo stomaco ci costruirà un impero”. L’industria XXX l’ha già fatto, dopotutto. Sorprendersi adesso è come stupirsi che la gente guardi ancora la TV dopo cento anni di programmi spazzatura.
Il concetto è semplice: un chatbot senza freni, senza censura, senza nessuno che gli tiri il guinzaglio quando inizia a correre troppo. Non una di quelle AI educate che ti rispondono con un tono neutro e politically correct. Qui si parla di un’AI sfacciata, che ti insulta se fai una domanda stupida, che non si vergogna di dire cose scorrette, che sa perfettamente in quale industria finirà per lavorare. Non quella dei convegni accademici, ma quella che macina miliardi con un algoritmo e un paio di server in affitto.
E poi c’è la questione della moralità, che puntualmente viene sacrificata sull’altare dell’innovazione. “Ma è giusto? Ma è sicuro? Ma è etico?”. Certo, tutte domande legittime. Ma quando mai la tecnologia si è fermata davanti a una di queste? La gente non vuole AI perfette, vuole AI divertenti, pericolose, scandalose. Quelle che creano problemi, fanno parlare, generano scandali e, alla fine, creano mercato.
Si potrebbe dire che è solo un esperimento, che nessuno metterà mai sul serio una AI del genere in circolazione. Ma la storia ci ha già dimostrato il contrario. Ogni tecnologia nasce con una faccia presentabile e due dietro l’angolo, pronte a spuntare al momento giusto. C’è il lato bianco, quello delle AI educative, che rispondono con cortesia e diffondono il sapere. C’è il lato grigio, quello degli affari, delle startup pronte a spingere i limiti sempre un po’ più in là. E poi c’è il lato oscuro, quello inevitabile, che arriva con la monetizzazione della trasgressione.
Nessuno sta creando l’AI-cantante da mandare a Sanremo, ma c’è chi sta già pensando a un’AI che riempia altre stanze, molto più redditizie. E se c’è una regola in questo settore, è che tutto ciò che può essere monetizzato, lo sarà. Alla fine, l’unica vera domanda è: chi farà i soldi veri prima che qualcuno decida di spegnere la luce?