Perché una rivista che si occupa di AI dovrebbe improvvisamente interessarsi al mondo delle criptovalute? Beh, forse perché entrambe, AI e cripto, condividono la stessa promessa fumosa: cambiare il mondo, o almeno farci credere di farlo, con una mano di vernice futuristica su vecchi dilemmi umani. La risposta è, come direbbe Bob Dylan, “soffia nel vento“. Ma in questo caso, il vento è carico del suono di monete digitali che tintinnano nel vuoto.

Parliamoci chiaro: l’industria delle criptovalute sta vivendo il suo momento di Les Misérables, ma al contrario. Non sono i poveri a cantare “Do You Hear the People Sing?”, ma un gruppo di miliardari in smoking che ballano al ritmo di un walzer regolatorio del tutto assente. Le criptovalute si presentano come un baluardo di prosperità futura, ma sotto la superficie ci sono le stesse dinamiche di un casinò di Las Vegas: luci abbaglianti, promesse di vincite rapide e quel sottile profumo di disperazione.

Trump, l’inevitabile ospite non invitato a questa festa, ha dato alla cripto-industria la pacca sulla spalla che ogni aspirante truffatore sogna: “Fate quello che volete, basta che non mi trasciniate in tribunale.” E come poteva essere altrimenti? Questo è l’uomo che ha lanciato un memecoin a suo nome, trasformando se stesso in una sorta di Pokémon digitale per investitori senza bussola. Con una mossa che definire cinica è un complimento, ha legato il suo destino a un mercato costruito su hype e speculazione. È come se Bernie Madoff fosse stato eletto presidente e avesse dichiarato “Fidatevi di me” come politica ufficiale.

Eppure, nel tentativo di sembrare rispettabili, i leader delle criptovalute cercano disperatamente di parlare di cose noiose come le stablecoin. “Vedete? Siamo affidabili, siamo seri, siamo come il vostro vecchio fondo pensione!” Peccato che nel frattempo continuino a ospitare gli equivalenti digitali di partite clandestine di poker nei retrobottega. È un po’ come se un nightclub di New York dichiarasse di essere un tempio della cultura solo perché una volta hanno fatto un recital di poesia nel bagno degli uomini.

Il problema, naturalmente, è che questa illusione di sobrietà non regge a lungo. Trump e la sua banda hanno reso chiaro che il mercato cripto non vedrà alcun tipo di disciplina dall’esterno. Ma se le criptovalute continuano a correre su questa giostra senza regole, attirando speculatori folli e investitori ingenui, non ci vorrà molto prima che qualcuno accenda le luci e tutti si accorgano di essere nel bel mezzo di un carnevale con un futuro incerto.

E qui sta il vero dramma. Per evitare di essere travolte dalla propria hybris, le criptovalute dovranno imparare a darsi delle regole. Una sorta di autocontrollo, insomma, il che è un concetto radicale per un’industria costruita sull’anarchia finanziaria. Ma non farlo potrebbe significare una fine ancora più brusca. Come diceva il mio analista (che poi era anche mio barista): “Se non trovi un equilibrio, qualcuno lo troverà per te, e non sarà piacevole.”

Ma non è solo una questione di mercato. È anche politica. Trump potrebbe essere un regalo per ora, ma che succede se il vento cambia? Se un democratico tornasse alla Casa Bianca con un’ascia da affilare contro tutto ciò che porta il nome di Trump, il settore cripto potrebbe trovarsi a rimpiangere l’approccio “maldestro” e, in fondo, ancora cauto dell’amministrazione Biden.

Rivista.AI potrebbe voler parlare di tutto questo non perché le criptovalute abbiano qualcosa a che fare con l’intelligenza artificiale, ma perché entrambe condividono il talento di promettere un futuro brillante mentre nascondono il caos che bolle sotto la superficie. Forse, più che un’analisi, ci serve un esorcista.