Mark Zuckerberg, il CEO di Meta, ha annunciato che nel 2025 spenderà fino a 65 miliardi di dollari per l’intelligenza artificiale, dichiarando con tono epico che si tratta di uno “sforzo massiccio” per consolidare il dominio della sua azienda nel settore. Tra le imprese faraoniche che alimentano questo sogno c’è un nuovo data center in Louisiana, descritto dallo stesso Zuckerberg come talmente enorme da “coprire una parte significativa di Manhattan”. Uno sfoggio di potenza che suona quasi come una risposta stizzita al recente annuncio dei concorrenti.
Martedì, l’ex presidente Donald Trump si è unito a Sam Altman di OpenAI, Masayoshi Son di Softbank e Larry Ellison di Oracle per svelare il progetto Stargate: un’alleanza da 500 miliardi di dollari per costruire giganteschi data center di intelligenza artificiale in Texas e altrove. Secondo documenti municipali trapelati a Bloomberg, il principale data center texano potrebbe estendersi quanto il Central Park di New York. A confronto, la mossa di Zuckerberg sembra un tentativo di ribadire che anche Meta sa giocare nel campionato dei “grandi numeri”.
Il data center di Meta in Louisiana, dal valore di 10 miliardi, è solo uno dei tanti progetti che l’azienda ha avviato lo scorso anno per alimentare il suo modello di linguaggio open-source Llama. Zuckerberg è entrato nella partita del machine learning con il tipico zelo del ragazzino che vuole dimostrare di essere il più bravo, ma non è certo solo. Google, Microsoft, Nvidia e, ovviamente, OpenAI stanno tutti bruciando miliardi per costruire infrastrutture mastodontiche in grado di reggere la crescente fame di dati dell’intelligenza artificiale.
L’ambizione di Meta è chiara: chiudere il 2024 con oltre 1,3 milioni di GPU operative e una squadra AI che cresce in modo “significativo”. Zuckerberg ha profetizzato che il 2025 sarà “l’anno dell’IA”, con Meta AI a dominare come assistente virtuale per oltre un miliardo di persone, Llama 4 destinato a diventare il modello di riferimento, e persino un’IA in grado di scrivere codici autonomamente per la ricerca e sviluppo della compagnia.
Il tono della sua dichiarazione è quello tipico di Zuckerberg: una miscela di ambizione visionaria e autocelebrazione. Tuttavia, l’eco di questa battaglia tecnologica lascia intravedere qualcosa di più profondo: una corsa sfrenata non solo per il dominio dell’IA, ma anche per alimentare un’industria che sembra incapace di fermarsi di fronte a qualsiasi limite, che sia tecnologico, economico o etico.
Questa guerra dei miliardi tra titani dell’IA non è altro che l’ennesimo spettacolo di un capitalismo americano sempre più ossessionato dalla grandezza, in cui ogni annuncio sembra più una mossa di propaganda che un reale passo avanti per l’umanità. E chissà, forse a Zuckerberg e soci importa meno di ciò che costruiscono e molto di più di quanto impressionano.