Gli incendi che lambiscono Los Angeles, devastanti e implacabili, sono il simbolo di una tragedia annunciata che sembra non insegnare nulla. Serviranno anni per calcolare la portata di questo disastro, ma nel frattempo, come al solito, si spera che le autorità locali e federali escano dal letargo per escogitare soluzioni. Magari, in un mondo ideale, potrebbero addirittura prevenire che il prossimo incendio trasformi il cielo di San Francisco in una scena post-apocalittica.

Una delle idee brillanti che fluttuano nell’aria fumosa è quella di dare una pioggia di dollari alle startup che promettono di salvare il mondo con tecnologie anti-incendio. Peccato che la realtà sia meno scintillante delle brochure patinate dei venture capitalist. Dopotutto, se l’attuale infrastruttura non funziona, forse è perché nessuno si è mai realmente impegnato a farla funzionare. Ma lasciamo che queste startup alimentino il mito del “pensiero dirompente” che dovrebbe, magicamente, fare la differenza.

Prendiamo Pano AI, ad esempio, una startup che ha debuttato nel 2020 – tempismo perfetto, proprio quando San Francisco sembrava un set di Blade Runner per colpa degli incendi. La loro grande trovata? Un software che usa telecamere HD per monitorare i focolai. L’idea è contenere gli incendi sotto i 10 acri, perché, come dice la fondatrice Sonia Kastner con l’aria di chi ha scoperto l’acqua calda: “Un incendio piccolo è più facile da gestire di uno grande”. Applausi, per favore.

Poi c’è Kodama Systems, che combina telecamere, radar e lidar per creare veicoli semi-autonomi che ripuliscono le foreste. Quando il fondatore, Merritt Jenkins, ha proposto la sua idea ai forestali, si aspettava scetticismo. Invece, ha ricevuto un caloroso invito a “fare in fretta”. Chissà se era una gentile richiesta o un’espressione di disperazione mascherata da entusiasmo.

E se la terra è sotto controllo, i cieli non sono da meno. Rain Industries, un’altra startup californiana, sta lavorando a velivoli semi-autonomi che sganciano estintori su aree remote. Peccato che la loro tecnologia non sia compatibile con i droni – troppo piccoli per fare la differenza. Come ha ironizzato Maxwell Brodie, il fondatore: “I droni sono quelli che compri da Best Buy”. Per ora, quindi, si punta su elicotteri semi-autonomi, perché l’estintore volante non è ancora abbastanza cool per attirare grandi investimenti.

E qui sta il problema: i soldi. Le startup anti-incendi, nonostante la narrativa eroica, hanno raccolto solo poco più di 100 milioni di dollari in capitale di rischio. Una cifra ridicola se confrontata con i miliardi di dollari di danni che gli incendi causano ogni anno. La ragione? I clienti tipici – utility, governi e assicuratori – sono noti per essere lentissimi a muoversi e difficili da convincere. Non proprio il tipo di mercato che fa brillare gli occhi ai venture capitalist.

Convective Capital, un’agenzia di VC specializzata in tecnologie climatiche, sta cercando di dare una scossa al settore, sognando un “momento SpaceX”. In altre parole, sperano che il governo smetta di giocare al pompiere e inizi a collaborare con il settore privato, proprio come ha fatto con le aziende spaziali. Per ora, il loro contributo è stato quello di creare un gruppo di lobbying, l’Association of FireTech Innovation, nella speranza che qualcuno a Washington li prenda sul serio. Kastner di Pano AI lancia persino un appello a Elon Musk: “Ci serve qualcuno che capisca il potere della tecnologia”. Come dire, se nessuno ascolta, almeno qualcuno twitti.

Nel frattempo, le fiamme continuano a bruciare. E mentre le startup si affannano a vendere soluzioni futuristiche, il presente rimane incandescente, e il passato non sembra voler passare di moda.