L’avvento degli strumenti musicali generati dall’IA ha suscitato numerosi dibattiti negli ultimi tempi, poiché promettono di semplificare il tradizionalmente laborioso processo di produzione musicale. Uno di questi strumenti, Suno, guidato dal CEO Mikey Shulman, ha attirato l’attenzione per la sua affermazione provocatoria secondo cui “non è più davvero piacevole fare musica adesso“. Questa dichiarazione, rivelata in un’intervista recentemente intercettata da 404 Media, è stata ampiamente criticata, soprattutto da coloro che hanno dedicato la loro vita all’arte faticosa della produzione musicale. Essendo anche io una persona che ha passato notti interminabili in studio di registrazione, mi trovo a mettere in discussione non solo la validità delle parole di Shulman, ma anche le implicazioni più ampie di questa prospettiva sul futuro della musica.

La registrazione, in tutta la sua complessità, è una forma d’arte che richiede un livello di dedizione intenso e una connessione profonda con la musica stessa. Si dice spesso che la magia accada nello studio – quando un artista può sperimentare, perfezionare e costruire qualcosa di veramente unico. Per chi di noi è stato parte di questo processo, queste lunghe ore sono spesso quelle più soddisfacenti. Il lavoro necessario per ottenere ogni nota, ogni armonia, ogni ritmo al punto giusto è proprio ciò che rende così gratificante la creazione musicale. Il senso di realizzazione quando un brano finalmente prende forma è impagabile. È una fatica che nasce dall’amore per la musica, ed è proprio per questo che l’affermazione di Shulman appare così distante dall’essenza di ciò che significa fare musica.

Al centro della sua dichiarazione c’è l’affermazione che fare musica non sia più piacevole, forse a causa dell’ascesa di strumenti digitali che rendono il processo più veloce e accessibile. La visione di Shulman della produzione musicale come un processo tedioso e privo di soddisfazione non potrebbe essere più lontana dalla realtà di molti musicisti che prosperano in questo viaggio creativo. Certo, gli aspetti tecnici della registrazione possono essere esigenti, richiedendo ore di perfezionamento e aggiustamenti per ottenere il suono perfetto. Ma questa non è una lotta di tipo negativo; è il cammino verso l’eccellenza. Per chi è immerso nell’industria musicale, la gioia risiede proprio nell’affrontare queste sfide, nel superare i limiti e nell’evolversi come artisti.

È importante notare che non tutti i creatori musicali trovano il processo faticoso. Molti lo considerano una parte essenziale del loro mestiere. L’atto di registrare va oltre il semplice raggiungimento delle note giuste; si tratta di collaborazione, sperimentazione e di dare vita a un’idea. È in questo contesto che gli strumenti musicali generati dall’IA come Suno sollevano interrogativi. Sebbene offrano convenienza e rapidità, potrebbero trascurare la connessione emotiva pura che un artista umano infonde nel suo lavoro. Le parole di Shulman potrebbero essere ben intenzionate, cercando di proporre un approccio più efficiente alla creazione musicale, ma ignorano il valore intrinseco della lotta e della scoperta nel processo creativo.

La prospettiva di Shulman sembra suggerire che l’IA possa in qualche modo sostituire l’arte e il tocco personale dei creatori umani. Sebbene gli strumenti basati su IA siano decisamente evoluti negli ultimi anni, non possono replicare la sfumatura, l’emozione o l’esperienza personale che un artista porta nella sua musica. L’autenticità della visione di un artista è qualcosa che nessuna macchina può davvero catturare, e mentre l’IA può generare musica basata su algoritmi, le sue creazioni mancheranno sempre dell’anima che rende la musica davvero in grado di toccare il pubblico.

Per chi di noi ha passato anni in studio – come produttori, ingegneri del suono o musicisti – l’idea di sostituire questo processo complesso, emotivo e talvolta difficile con l’IA sembra riduttiva, per non dire altro. La creazione musicale è sempre stata molto più di una mera esecuzione tecnica di suoni; si tratta di connessione con sé stessi, con i collaboratori e, soprattutto, con il pubblico. L’imprevedibilità, gli errori e le sfide che derivano dalla registrazione sono proprio ciò che rende il processo così personale e gratificante.

Se consideriamo la musica esclusivamente attraverso la lente dell’efficienza, rischiamo di perdere proprio quell’essenza che la rende potente. L’IA potrebbe essere in grado di assistere nel semplificare il processo, ma non potrà mai sostituire il nucleo della creatività umana. L’affermazione di Shulman, secondo cui fare musica è ormai un compito poco piacevole, riflette una comprensione fondamentale errata di ciò che rende significativa la creazione musicale per coloro che la vivono e la respirano.

Man mano che l’IA continua a evolversi, è fondamentale preservare l’arte e la maestria che definiscono la creazione musicale. Il valore dell’apporto umano nel processo di registrazione non dovrebbe essere ridotto dalla tentazione di soluzioni rapide o metodi semplificati. La vera gioia nel fare musica risiede nelle sue sfide e nella crescita che deriva dal superarle, non nell’affidare il compito a una macchina.