Un caffè al BAR dei DAINI.
Mentre il mondo osserva con una miscela di curiosità e cinismo, l’ecosistema digitale globale sembra trovarsi di fronte a una nuova biforcazione. TikTok, il colosso del social media che ha catturato l’attenzione di milioni di utenti, potrebbe diventare la prossima pedina nella scacchiera geopolitica. Secondo Bloomberg, funzionari cinesi starebbero valutando l’opzione di permettere a Elon Musk di acquisire le operazioni statunitensi dell’app, integrandole nella sua società X.
Un passo del genere, apparentemente assurdo quanto realistico, potrebbe essere una mossa disperata per evitare il bando che il governo americano ha fissato per il 19 gennaio. La legge impone alla società madre cinese, ByteDance, di vendere la sua divisione statunitense per scongiurare il blocco totale dell’app sul suolo americano. Tuttavia, ByteDance ha negato con forza questa narrazione, definendola una “pura finzione”, un’affermazione che suona quasi come un mantra per allontanare un’idea troppo scomoda per essere accettata apertamente.
L’ipotesi che Elon Musk, l’uomo che ha trasformato X in un melting pot di libertà d’espressione e caos algoritmico, possa aggiungere TikTok alla sua collezione di imprese visionarie suona come uno scherzo. Eppure, considerando il suo amore per le sfide impossibili e il suo approccio spregiudicato agli affari, non sembra poi così improbabile. Musk potrebbe portare la sua visione all’app più scaricata del decennio, ma a quale costo? Il rischio di trasformare TikTok in un laboratorio per esperimenti sociali targati X non sarebbe certo da escludere.
D’altra parte, la scelta di Musk potrebbe essere una soluzione di compromesso che accontenta tutte le parti in gioco. Per gli Stati Uniti, significherebbe rimuovere la “minaccia cinese” senza alienare milioni di elettori giovani. Per la Cina, significherebbe mantenere una parziale influenza su un asset strategico senza perdere tutto in un conflitto legale e politico.
L’intero dibattito si intreccia con una domanda filosofica di fondo: le cose accadono per caso, o esiste una logica sotterranea che muove le pedine di questa complessa partita? La Cina, celebre per la sua pianificazione a lungo termine, sembra qui agire con una flessibilità strategica degna di un giocatore di Go. In caso di vendita, mantenere intatti i legami tecnologici tra TikTok e ByteDance garantirebbe una certa continuità operativa, limitando il rischio di una completa perdita di controllo.
Ma l’entropia, come sempre, ha un senso dell’umorismo crudele. Mentre i governi cercano di regolamentare il cyberspazio, l’interconnessione globale sembra più resistente a ogni tentativo di frammentazione. Elon Musk, un uomo che prospera nell’incertezza, potrebbe paradossalmente essere l’unico ad abbracciare davvero il caos e trasformarlo in una narrativa di successo.
Se ByteDance vendesse davvero TikTok a X, cosa ne sarebbe dell’app? Rimarrebbe fedele al suo DNA fatto di contenuti brevi e algoritmi ipnotici, o verrebbe stravolta in un esperimento cross-platform che combina i video virali con le opinioni taglienti di X? La risposta è tanto imprevedibile quanto il destino stesso di Musk.
L’unica certezza è che, in questo scenario surreale, nessuno dei protagonisti gioca con regole convenzionali. TikTok potrebbe diventare un simbolo della globalizzazione 2.0, una Fenice che rinasce dalle sue ceneri digitali. Oppure, più cinicamente, potrebbe diventare una cavia in un esperimento di potere, dove l’entropia non è altro che una scusa per giustificare la pianificazione strategica su scala planetaria.
Forse è davvero tutto un caso. O forse no.