Il Fatto Venerdì, i principali regolatori antitrust degli Stati Uniti hanno chiesto a un giudice federale in California di stabilire se OpenAI e il partner Microsoft abbiano violato le leggi antitrust federali negli ultimi anni nella causa di Elon Musk contro OpenAI.
La grande commedia del capitalismo moderno: Elon Musk che si lamenta di essere stato raggirato da un’organizzazione che lui stesso ha finanziato. È come se il lupo si fosse offeso perché l’agnello ha imparato a mordere. Musk sostiene di essere stato tratto in inganno quando OpenAI, nata come organizzazione non-profit, ha deciso di diventare a scopo di lucro. Perché, si sa, nulla dice “spirito filantropico” come prendere miliardi da Microsoft e poi fare esattamente ciò che conviene di più.
Microsoft, ovviamente, gioca la parte del partner innocente. “Noi? Pressioni su OpenAI? Ma figurati! Abbiamo solo versato miliardi, chi non lo farebbe?”. E ora Musk vuole che un giudice federale intervenga, come se i tribunali americani non fossero già abbastanza occupati con cose del calibro di “Chi ha brevettato per primo il tostapane che parla?”.
La ciliegina sulla torta è la Federal Trade Commission, che si è infilata nella storia dicendo: “Aspettate un attimo, qui potrebbe esserci qualcosa di illegale”. Potrebbe. Forse. Come se ci volesse uno Sherlock Holmes per capire che quando due colossi tecnologici si alleano, il risultato non è mai un sonetto d’amore ma piuttosto una dichiarazione di guerra alla concorrenza.
E Musk, sempre lui, che ora accusa OpenAI di dire ai suoi investitori: “Non aiutate i nostri rivali”. In pratica, un club esclusivo dove lui non è più il benvenuto, e questa cosa gli rode terribilmente. Nel frattempo, OpenAI si difende con una calma surreale: “Noi? Antitrust? Non sia mai! È tutto un malinteso. Tipo una piccola apocalisse regolatoria, ma nulla di serio”.
E la vera tragedia qui? Non è il destino dell’antitrust o la lotta per il futuro dell’intelligenza artificiale. È il fatto che stiamo tutti guardando una battaglia di miliardari, cercando di capire chi si prenderà la fetta più grande di una torta che nessuno di noi potrà mai assaggiare.
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