Befana, giorno di festa, io e il co-founder ci siamo ri-visti al bar dei Daini come al solito, per decidere il piano editoriale. Abbiamo deciso che nel pomeriggio avremmo fatto un test per scoprire se le AI di oggi sono più sveglie di noi o se siamo ancora necessari almeno per pagare il conto al BAR, che continua a segnare visto che Rivista.AI è Pro-Bono.

L’esperimento era semplice: costruire un consulente finanziario virtuale senza sapere nulla di API, di GitHub o di quella sensazione di inadeguatezza che ti prende quando apri Excel e ti ritrovi a fissare le celle vuote come se fossero domande esistenziali. Abbiamo messo alla prova cinque colossi dell’intelligenza artificiale: ChatGPT, Claude, Huggingface, Mistral AI e Gemini. Tutti con lo stesso compito: gestire 25.000 euro di investimenti del mio co-founder contro 30.000 di debiti (i miei). In pratica, un test di sopravvivenza finanziaria per macchine con velleità umane.

ChatGPT ha giocato la carta del professore universitario. Ha creato un piano dettagliato, suddividendo le risorse come un contabile svizzero, spiegando ogni passo con la pedanteria di chi teme di essere frainteso. “Pagare i debiti ad alto interesse equivale a ottenere un ritorno garantito,” ha sentenziato, e io ho annuito come se fosse una verità divina, mentre lui spiegava piani di investimento che avrebbero richiesto un PhD in economia per essere compresi.

Gemini, invece, sembrava uno di quei terapisti che ti fanno domande invece di darti risposte. Prima voleva sapere tutto: “Qual è il tasso d’interesse sui debiti? Hai già un fondo emergenze? Hai considerato un piano pensionistico?” Alla fine, ha prodotto un piano così cauto che sembrava progettato per evitare catastrofi piuttosto che creare opportunità.

Huggingface si è rivelato l’equivalente digitale di un hacker anarchico. Con la sua piattaforma open-source, ha permesso un livello di personalizzazione che avrebbe fatto impazzire un programmatore, ma ha richiesto più configurazioni di quante ne servano per costruire un mobile dell’IKEA. Il risultato? Un piano finanziario diviso in orizzonti temporali—breve, medio e lungo termine—con una precisione quasi inquietante, ma anche con un senso di disperazione implicita, come se ci dicesse: “Va tutto bene, ma solo se non ti capita niente di brutto.”

Claude, dall’altra parte, ha optato per la vaghezza rassicurante. Il suo consiglio sembrava scritto da un funzionario pubblico: “Mantenere un approccio equilibrato tra riduzione del debito e risparmi essenziali.” Una risposta che suona bene quanto un biscotto della fortuna, ma che lascia il dubbio se sia stata pensata per risolvere il problema o per evitare una causa legale.

Mistral AI ha dimostrato di essere il cugino francese un po’ eccentrico del gruppo. Il suo sistema ha alternato consigli utili a errori matematici imbarazzanti, come suggerire di allocare più soldi di quelli effettivamente disponibili. Un consulente finanziario che ti porta al fallimento prima ancora di iniziare, ma almeno con stile.

Il verdetto? L’AI è ancora lontana dal sostituire un vero consulente finanziario, forse il mio vista la sua veneranda età e soldi che continua a farmi perdere. O forse, più semplicemente, il problema non è nelle macchine, ma negli uomini che cercano risposte semplici a problemi complessi. La morale della storia? Puoi fare tutto con un agente AI: cercare informazioni, scrivere codice, analizzare dati. Ma quando si tratta di soldi, forse è meglio avere ancora un essere umano a portata di mano. E magari un caffè


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