C’era una volta un uomo che, come molti altri, credeva di essere al centro dell’universo. Non perché fosse particolarmente brillante, ma perché passava metà del suo tempo a convincersi che gli altri fossero in qualche modo inferiori. Come tutte le persone che non sanno veramente chi sono, cercava rifugio in mille distrazioni, dalla lettura dei giornali alla speranza che una qualche forma di ispirazione lo colpisse come un fulmine a ciel sereno.

Una sera, mentre cercava di riordinare una serie di vecchi libri, inciampò in un oggetto che non aveva mai visto prima. Un visore, grande, pesante, quasi ingombrante. La scatola era lucida, quasi scintillante, con una scritta che gli sembrava più una promessa che una descrizione: “Il futuro ti aspetta.” Lui, uomo di cultura, o almeno così amava definirsi, non si lasciò travolgere dall’entusiasmo dei novelli oracoli tecnologici. Ma la curiosità lo spinse a provarlo.

Mise il visore, sperando di entrare in un mondo migliore, un posto dove le sue insoddisfazioni quotidiane potessero dissolversi come nebbia al sole. Subito, un paesaggio meraviglioso apparve davanti ai suoi occhi: montagne innevate, laghi cristallini, una distesa infinita di verde. Si sentiva quasi come un poeta che contempla l’infinito, ma poi notò una cosa: non c’era nessuno. Nessun altro essere umano. Solo un paesaggio virtuale che sembrava troppo perfetto per essere vero.

“È davvero così che funziona il futuro?” pensò, mentre si guardava intorno. Forse c’era qualcosa che non andava. Ma, come spesso accade, quando ci si trova davanti alla verità, la reazione istintiva è quella di tirarsi indietro, di nascondersi dietro uno schermo. Così fece, togliendo il visore, e tornando alla sua solita routine, che gli sembrava improvvisamente più accogliente, in un modo un po’ triste ma confortante.

Ogni tanto, però, si trovava a pensare a quelle montagne innevate, a quel paesaggio che non aveva mai visto in realtà, ma che gli sembrava così familiare. Come se fosse sempre stato lì, nascosto dietro l’angolo di una mente troppo occupata a pensare a cosa avrebbe mangiato per cena. “Perché preoccuparsi di qualcosa di reale quando puoi avere tutto, perfetto, subito?” si chiese.

La risposta, ovviamente, non arrivò subito, e lui continuò a vivere nella sua piccola bolla, un po’ confuso ma soddisfatto di essere riuscito a evitare la vera domanda: cosa succederebbe se davvero riuscisse a vivere in un mondo dove tutto è a portata di mano, ma nulla è veramente suo? E nel frattempo, in qualche angolo della sua mente, il futuro continuava a brillare, come un faro lontano, che forse sarebbe stato meglio non raggiungere mai.

La vita continuava. Ogni tanto, si guardava allo specchio e vedeva, senza sorpresa, un uomo che invecchiava. Ma non importava. Dopo tutto, non era quello il futuro che aveva scelto?


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