La vigilia di Natale, quella dolceamara fusione di frenesia pre-festiva e inutili preparazioni, segna per molti un momento di agognato riposo, soprattutto per i poveri lavoratori nel settore dell’e-commerce e della logistica. Un’ultima corsa contro il tempo per evadere ordini e preparare le spedizioni, per poi godersi – teoricamente – un paio di mesi relativamente tranquilli. “Relativamente”, appunto. Non quest’anno.
Nel magnifico caos che è il commercio globale, chiunque si occupi di spedizioni internazionali sta cercando disperatamente di stare al passo con un mondo che sembra voler inchiodare i commercianti sotto il peso di tariffe, leggi incoerenti e guerre commerciali che non accennano a placarsi. E naturalmente, nel gran teatro delle operazioni geopolitiche, è arrivato l’ennesimo colpo basso: il Messico ha deciso di cambiare le carte in tavola. Così, come un’ombra che sorge al mattino, si profilano giorni ben più turbolenti di quelli che il Natale avrebbe potuto suggerire.
In passato, alcuni astuti venditori di abbigliamento online avevano trovato una via d’uscita intelligente – quella che, ironicamente, riflette perfettamente il nostro mondo: eludere i dazi attraverso una serie di manovre logistiche che potevano essere definite “quasi legali” se non fosse che i confini tra legalità e furbizia siano ormai, nell’era moderna, più sfocati di un cammino immerso nella nebbia. Ecco come funzionava il trucco: i prodotti venivano spediti in grandi quantità negli Stati Uniti, per poi essere trasportati con camion fino ai magazzini messicani, dove venivano separati e rispediti direttamente ai consumatori statunitensi. Il tutto grazie ad una magica combinazione di leggi messicane e americane che permettevano alle merci di essere esenti da dazi fino a quando non rientravano nel gioco finale, cioè l’esportazione, e a quella stessa legge che consente l’ingresso di pacchi con un valore inferiore a 800 dollari senza dazi. Un gioco, una danza di leggi, il cui obiettivo era quello di far crescere i profitti e ridurre i costi. E funziona, come sempre, finché qualcuno non alza la mano per cambiare la musica.
Venerdì, Claudia Sheinbaum, presidente del Messico, ha deciso che era ora di far finire la festa. Con un decreto che proibisce espressamente il transito di abbigliamento senza il pagamento di dazi, la fine di un’era è arrivata improvvisamente, ma inevitabilmente. Gli abiti, quei capi che erano sfuggiti abilmente ai controlli, non potranno più beneficiare di quella bizzarra esenzione fiscale.
Il risultato? I marchi di abbigliamento che avevano abituato il mercato a questa strategia ingegnosa si troveranno a dover affrontare una dura realtà. Dovranno considerare seriamente il trasferimento della loro logistica negli Stati Uniti, con conseguenti aumenti di costi, dazi e, come sempre accade, prezzi che inevitabilmente saliranno.
Ma, mentre molti avrebbero potuto immaginare che le vacanze natalizie portassero finalmente un respiro di sollievo ai dirigenti e-commerce, la realtà è ben lontana dall’essere idilliaca. Non si tratta più di un semplice gioco di tariffe, ma di una battaglia geopolitica in atto, con il Messico che cambia regole a metà gioco e le aziende costrette a ricalcolare ogni loro mossa.
Sì, la corsa alle feste potrebbe fermarsi per qualche ora, giusto il tempo per un bicchiere di spumante e qualche regalo un po’ preconfezionato, ma per queste aziende, la vera festa inizia proprio adesso. L’indomani della vigilia di Natale, infatti, non è mai stato così carico di ansia e aspettative.