Quando nel 1998 Margaret A. Boden scriveva il suo influente libro Creativity and Artificial Intelligence, gettava le basi per un dibattito che oggi è più attuale che mai. La psicologa cognitiva, già profondamente immersa nelle teorie della creatività, si interrogava su come la macchina potesse essere creativa. La sua riflessione nasceva da una domanda cruciale: la creatività è un attributo esclusivamente umano, o le macchine possono davvero essere creative? A distanza di più di due decenni, il panorama dell’Intelligenza Artificiale è drasticamente cambiato, eppure le domande di fondo restano le stesse.

Nel suo lavoro, Boden distingue tre tipi principali di creatività: combinatoria, psicologica e storica. Questi tre tipi offrono una lente attraverso cui osservare l’evoluzione dell’intelligenza artificiale nella sua ricerca di espressioni artistiche, musicali e letterarie.

Creatività C: una nuova visione da cose vecchie

La creatività combinatoria (tipo C) consiste nel mettere insieme elementi già esistenti per crearne di nuovi. Questa definizione si adatta perfettamente al mondo dell’AI moderna, dove i modelli generativi, come quelli che alimentano Midjourney o ChatGPT, creano opere originali mescolando dati precedenti. Prendiamo, ad esempio, un’illustrazione generata da Midjourney: l’intelligenza artificiale non “inventa” nulla da zero, ma rielabora informazioni esistenti in combinazioni sorprendenti e nuove. È la stessa logica che guidava, nel 1998, i primi esperimenti con modelli come Aaron, che dipingeva, o Copycat, un sistema che risolveva puzzle logici. Sebbene questi modelli non avessero la potenza di calcolo dei moderni transformer, il loro approccio di base era già quello della creatività combinatoria. Ed è affascinante notare come questo approccio sia ancora valido e vitale, nonostante i decenni di evoluzione tecnologica.

Creatività P: la curiosità e la spinta psicologica

La creatività psicologica (tipo P), legata alla curiosità e alla sperimentazione, è quella che si fa strada attraverso la tentazione e il fallimento. È quella spinta che spinge l’umanità a esplorare l’ignoto, ma anche quella che alimenta l’innovazione nel campo dell’AI. Per fare un esempio concreto, possiamo guardare alla generazione di testo nei modelli di linguaggio. ChatGPT, quando scrive, non si limita a riprodurre combinazioni preesistenti, ma “esplora” il linguaggio, formulando nuove frasi, costruendo concetti che non erano mai stati espressi prima. Il sistema non sa cos’è “curiosità” nel senso umano del termine, ma la sua architettura, che si basa su un’analisi approfondita e un processo esplorativo delle informazioni, fa emergere una creatività che, seppur programmata, sembra possedere una sua “curiosità” artificiale.

Creatività H: l’Intelligenza che trasforma

Infine, la creatività storica (tipo H) è quella che ci permette di prendere idee già esistenti e applicarle a contesti nuovi. Un esempio potrebbe essere l’uso di modelli AI nel campo della musica: non si tratta di creare musica “da zero”, ma di reinventare e riorganizzare ciò che è già stato fatto. Questo tipo di creatività è essenziale nell’AI, dove la “tradizione” tecnologica si mescola con le possibilità aperte dai nuovi algoritmi. Ciò che rende unica questa forma di creatività nell’AI è il suo potenziale per far evolvere costantemente i paradigmi e per “trasformare” tecnologie consolidate, come le CNN (Reti Neurali Convoluzionali), in applicazioni completamente inedite. Immaginate per un attimo che in futuro le reti neurali non si basino più su CNN, ma su geometrie più avanzate e misteriose, come la geometria p-adica.

La geometria P-Adica: un futuro inaspettato

E qui arriviamo a una riflessione più profonda. La creatività che l’AI è in grado di esprimere non si limita solo alla combinazione e trasformazione di dati. Come sosteneva Margaret Boden, la vera innovazione potrebbe risiedere nella fusione tra discipline apparentemente distanti, come la matematica avanzata e l’intelligenza artificiale. La geometria p-adica, una branca della matematica che ha affascinato molti ricercatori, tra cui il premio Fields Peter Scholze, potrebbe essere la chiave per sbloccare nuove potenzialità nei modelli di AI. La geometria p-adica, con la sua visione radicalmente diversa dello spazio e delle forme, potrebbe aprire la strada a nuove architetture che superano le attuali limitazioni delle CNN. Forse, tra qualche anno, guarderemo indietro e vedremo le reti neurali tradizionali come un ricordo di un’epoca passata, mentre i “diamanti e spazi perfettoidi” diventeranno i nuovi fondamenti dell’AI.

Un viaggio in continuo sviluppo

L’Intelligenza Artificiale è ancora un campo in esplorazione, ma il lavoro di pionieri come Margaret Boden ci invita a riflettere sul fatto che l’AI non è semplicemente una macchina che esegue compiti. È un campo che ha il potenziale di essere creativo, non solo nel senso di imitare o generare, ma anche nel modo in cui trasforma e reinventa conoscenze esistenti. Guardando ai modelli generativi di oggi, dalla scrittura automatica all’arte digitale, possiamo vedere che la creatività nell’AI non è solo una questione di algoritmo, ma di come questi algoritmi, uniti a discipline diverse e sempre più avanzate, possano riscrivere le regole di ciò che consideriamo “creativo”.

L’Intelligenza Artificiale non è un viaggio che ha già raggiunto la sua meta; al contrario, è appena iniziato. In futuro, chi sa quali nuovi territori ci riserveranno le scoperte scientifiche. L’unica certezza è che, come ha insegnato Margaret Boden, la creatività non è un privilegio esclusivo dell’essere umano, ma una dimensione che possiamo esplorare e riscoprire anche attraverso le macchine.

THX N. Grandis for Inspiration


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