Parliamo di Industria 5.0, quella misura che dovrebbe supportare le imprese nel modernizzare gli impianti, rinnovare le macchine, le linee di automazione e accedere ai fondi per la transizione energetica e digitale. Parliamo di ben 6 miliardi di euro. Tutti bloccati in un labirinto infinito di procedure, obblighi, documentazioni, perizie e prescrizioni varie che, nel mastodontico apparato burocratico italiano, hanno congelato ogni attività. Insomma, ottenere questi fondi si è rivelata fino ad oggi una mission impossibile.

Solo pochi, finora, hanno avuto la pazienza, le strutture e l’energia per superare la maratona di richieste e la montagna di carte: i fondi richiesti dagli imprenditori sono, ad oggi, meno del 5% del totale disponibile. Questo dato basta a spiegare la follia procedurale e burocratica dietro questo provvedimento. Colpa dell’Ue? Colpa dell’Italia? Colpa di qualche funzionario ministeriale italiano o di qualche suo omologo a Bruxelles?

Alla fine dei conti, non importa. Quello che conta è che le macchine utensili sono il cuore della manifattura italiana, l’ossatura del Made in Italy. E parliamo di un tessuto industriale che sta vivendo un momento difficile. Il mercato interno italiano della robotica nel 2024 ha perso il 34,8%. L’accesso ai fondi per ammodernare l’assetto produttivo non sarebbe male, considerando che, nel settore della robotica, l’Italia è un Paese esportatore (+6,3% il valore della crescita dello scorso anno).

Eppure è tutto bloccato perché abbiamo reso di fatto impossibile l’accesso a questi fondi con le follie burocratiche, le duplicazioni procedurali e i chili di carta. Le regole dei crediti d’imposta del piano Transizione 5.0 sono infatti un vero rompicapo. Lo sanno bene anche le aziende che investono in software, alla costante ricerca di chiarimenti dal ministero delle Imprese e del Made in Italy. AssoSoftware, l’associazione di Confindustria che rappresenta le aziende produttrici di software gestionali, in collaborazione con alcune università, esperti e con il supporto dello stesso ministero, ha pubblicato corpose linee guida per cercare di aiutare le aziende a districarsi da questa follia burocratica.

Eppur qualcosa (alla fine) si muove. Dopo una serrata trattativa con la Commissione europea, sembrano essere arrivate al traguardo le modifiche al piano di incentivi Transizione 5.0. Un emendamento del Governo alla legge di Bilancio, frutto del lavoro del ministero delle Imprese e del Made in Italy guidato da Adolfo Urso, è stato depositato alla commissione Bilancio della Camera. All’interno di esso ci sono semplificazioni (anche se salta la proroga dal 31 dicembre 2025 al 30 aprile 2026 del termine per effettuare gli investimenti).

In primis passa l’automatismo nel calcolo della riduzione dei consumi energetici per i beni strumentali acquistati che vanno a sostituire beni con caratteristiche tecnologiche analoghe e interamente ammortizzati da almeno 24 mesi. Vengono poi potenziate le aliquote e i vantaggi per l’acquisto dei pannelli fotovoltaici. Via libera anche al cumulo con altri incentivi, un’apertura molto attesa dalle imprese. L’emendamento contiene non solo la possibilità di sommare il beneficio al credito d’imposta per investimenti nella Zona economica speciale del Mezzogiorno, ma anche, a sorpresa (punto più complicato del negoziato con Bruxelles), la cumulabilità con ulteriori agevolazioni finanziate dall’Ue, a condizione che il sostegno non copra le stesse quote di costo e i singoli investimenti del progetto di innovazione.

Qualcosa si muove, verrebbe da dire. E chissà che questa volta la missione diventi “possible”.


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