È un pomeriggio grigio da ufficio open space, di quelli in cui il Wi-Fi va e viene come un coinquilino inaffidabile. Intanto, nel mondo dorato delle big tech, Mustafa Suleyman, CEO di Microsoft AI, e Sam Altman, CEO di OpenAI, sono immersi in un acceso dibattito su uno dei temi più caldi del business tecnologico: l’AGI (Intelligenza Artificiale Generale). Non è solo teoria accademica: è una sfida da miliardi di dollari in capitale di rischio, acquisizioni e strategie di mercato.

Altman, in un raro momento di ottimismo che farebbe impallidire anche un venture capitalist della Silicon Valley, sostiene che l’AGI è quasi dietro l’angolo. “Possibile con l’hardware attuale,” dichiara con la sicurezza di uno che ha appena chiuso un round di finanziamento da dieci zeri. L’hardware di cui parla sono i chip Nvidia GB200, il pilastro delle infrastrutture AI moderne, una tecnologia che già alimenta data center di colossi come Amazon AWS e Microsoft Azure.

Ma Suleyman è più scettico, con lo sguardo di chi ha visto fallire troppe startup promettenti. “Non con le GPU attuali,” afferma, tagliente. “Serviranno almeno cinque generazioni di chip.” In termini di business, questo significa miliardi investiti in ricerca e sviluppo, fabbriche di semiconduttori, e lunghe trattative con aziende come TSMC e Samsung per garantirsi la prossima generazione di silicio. Ogni generazione di chip richiede dai 18 ai 24 mesi di sviluppo. Tradotto: il futuro dell’AGI è un progetto a lungo termine che nemmeno il più paziente degli investitori di Wall Street sarebbe disposto a finanziare senza qualche incentivo governativo.

Altman, pragmatico ma visionario, abbassa le aspettative per l’AGI, probabilmente per preparare il mercato a un lancio più graduale di nuovi prodotti AI. In termini aziendali, questo si chiama setting market expectations — gestire le attese degli investitori. Spiega che l’AGI non cambierà tutto in un colpo solo: sarà una transizione graduale che vedrà le aziende scalare i loro modelli di business a partire da applicazioni specifiche come chatbot avanzati, automazione industriale e assistenti digitali ultra-personalizzati.

Suleyman, invece, punta sulla distinzione tra AGI e “Singolarità,” un concetto più vicino alla fantascienza che al prossimo report trimestrale. Per lui, l’AGI sarà semplicemente una piattaforma generalista in grado di apprendere nuovi compiti senza bisogno di riscrivere interi software, un sogno che sta già cambiando le priorità di investimenti in aziende come Google DeepMind e Meta AI Research.

Se questo avviene, le aziende che dominano il cloud computing — Microsoft, Google e Amazon — saranno in prima linea nel vendere “AGI-as-a-Service,” un mercato che gli analisti di Morgan Stanley e Goldman Sachs hanno già ipotizzato potrebbe valere trilioni di dollari entro il 2035.

Dietro le quinte, c’è la relazione complicata tra Microsoft e OpenAI. Nel 2023, Microsoft ha investito pesantemente in OpenAI per garantirsi l’accesso esclusivo alla tecnologia GPT, integrandola in prodotti aziendali come Microsoft 365 Copilot e Azure OpenAI Service. Ma ora le due aziende sembrano pronte a competere direttamente: Microsoft sta sviluppando il proprio modello di frontiera AI, una mossa che potrebbe riscrivere le dinamiche del mercato enterprise.

Suleyman, diplomatico come un CEO che sa di dover ancora firmare qualche contratto milionario, minimizza le tensioni: “Ogni partnership ha tensioni. È naturale.” In termini di business, significa che le sinergie di oggi potrebbero diventare concorrenza spietata domani, specialmente se il mercato si sposta verso nuovi paradigmi tecnologici.

In questo dramma da borsa tecnologica, AGI non è solo un concetto futuristico, ma una scommessa sul prossimo decennio di crescita delle big tech. Le startup AI emergenti come Anthropic e Cohere stanno già attirando miliardi in venture capital, mentre giganti come Nvidia e AMD combattono una guerra tecnologica fatta di chip sempre più potenti.

Se l’AGI si realizzerà davvero, cambierà tutto: dalla gestione delle risorse aziendali alla finanza, fino ai mercati emergenti ancora non digitalizzati. Sarà come passare dal cinema muto a Netflix in un solo salto. O forse, come dice Suleyman, sarà solo un altro ciclo di hype tecnologico. In fondo, anche lui sa che ogni tecnologia, per quanto rivoluzionaria, prima o poi deve affrontare il giudizio più spietato di tutti: il bilancio di fine anno.