Siamo in un periodo storico che segna una svolta epocale, e gli eventi globali ci impongono una riflessione profonda: dalla guerra in Ucraina agli scenari conflittuali in Medio Oriente, l’Europa si trova a dover affrontare una nuova realtà, caratterizzata da una minaccia diretta che nessuno aveva realmente previsto. Le parole di Roberto Cingolani, amministratore delegato di Leonardo e già ministro della Transizione Ecologica, non lasciano spazio a dubbi: “La pace va difesa, anche con le armi e la tecnologia, se è necessario.” Questo, infatti, è il punto di partenza per un’analisi più ampia su come la difesa europea stia cercando di rispondere a una serie di sfide senza precedenti, rivelando lacune strutturali e politiche che necessitano di essere risolte rapidamente.

Il Lungo Periodo di Pace e la Sorprendente Deficit di Preparazione

Cingolani inizia la sua riflessione citando un fatto inconfutabile: l’Europa ha goduto di decenni di pace, e questo ha creato una certa “assuefazione” alla tranquillità. L’esperienza storica delle ultime generazioni, infatti, ha fatto sì che la guerra fosse percepita come qualcosa di lontano e di esclusivo di altre regioni del mondo. Tuttavia, l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha spazzato via questa illusione, obbligando l’Europa a fare i conti con una realtà che, sebbene mai totalmente dimenticata, sembrava lontana dalla quotidianità del continente. La sicurezza, oggi più che mai, non è più un dato acquisito, ma una condizione da difendere con decisione.

In questo contesto, Cingolani ammette senza mezzi termini che l’Europa si è trovata in una situazione di ritardo rispetto ad altri attori globali, in primis gli Stati Uniti, nel rispondere alle sfide emergenti. Ma non basta semplicemente dire che siamo in ritardo. Occorre fare i conti con una serie di processi complessi, che vanno oltre la capacità di rispondere in modo immediato alle minacce. Come osserva Cingolani, “Non abbiamo gli aerei sullo scaffale”, una metafora che evidenzia la lentezza con cui l’Europa ha sviluppato, e in molti casi, aggiornato le proprie capacità difensive.

La Difesa Europea come Priorità Strategica

Il concetto di difesa comune europea è ormai al centro del dibattito politico continentale. Le prossime elezioni, infatti, porteranno il tema della difesa all’interno delle agende politiche dei singoli stati membri. Secondo Cingolani, l’unione in un unico spazio di difesa europeo è l’obiettivo strategico fondamentale, nonostante le difficoltà strutturali che inevitabilmente questo comporta. “Convincere gli stati a rinunciare a parte della sovranità non è mai facile”, sottolinea l’ad di Leonardo, riconoscendo che, seppur la strada verso una difesa comune sembri tortuosa, le attuali circostanze impongono una riflessione più approfondita sull’opportunità di abbandonare gli interessi nazionali per un progetto comune.

Sebbene il concetto di una difesa comune abbia il potenziale per rendere l’Europa più sicura ed efficiente sotto il profilo economico, le difficoltà pratiche sono evidenti. La frammentazione delle risorse e la mancanza di coordinamento tra i 27 stati membri, infatti, impediscono di fare progressi significativi in tempi rapidi. Come afferma Cingolani, “In Europa abbiamo invece 27 stati che si muovono in maniera autonoma, e questo significa che l’investimento non è razionalizzato”.

La Frammentazione Industriale e la Necessità di Fusioni

Uno degli aspetti più critici del sistema di difesa europeo riguarda la frammentazione dell’industria della difesa. A differenza degli Stati Uniti, che concentrano gli investimenti in un numero ridotto di piattaforme altamente tecnologiche, l’Europa è caratterizzata da una molteplicità di progetti separati, spesso duplicati. Mentre gli Stati Uniti, con un budget di difesa superiore agli 800 miliardi di dollari nel 2023, puntano su una dozzina di piattaforme strategiche, l’Europa spende frammentariamente su almeno trenta diversi programmi di difesa, un numero che non solo aumenta i costi, ma riduce anche l’efficacia complessiva. L’ottimizzazione degli investimenti, quindi, diventa un tema cruciale. Le “joint venture” e la creazione di grandi strutture europee di difesa sono viste come una necessità per affrontare le sfide future con maggiore efficacia.

Cingolani sottolinea la necessità di superare la logica nazionale, che ha finora dominato il settore, e di creare una visione più unitaria e strategica. Tuttavia, questa evoluzione si scontra con un altro ostacolo importante: le normative antitrust, che impediscono alle grandi aziende di difesa di consolidarsi facilmente, riducendo così la capacità di risposta alle minacce globali.

L’importanza degli Investimenti Condivisi

Il futuro della difesa europea dipende, quindi, non solo da una maggiore cooperazione politica e industriale, ma anche da un impegno economico significativo. La revisione dell’intero comparto industriale europeo è inevitabile per rispondere alle nuove minacce. A questo proposito, Cingolani suggerisce che se tutti i paesi membri dell’Unione Europea spendessero almeno il 2% del loro PIL in difesa – una soglia stabilita dalla NATO ma raramente rispettata in Europa – la sicurezza continentale ne trarrebbe indubbi vantaggi.

Un altro aspetto cruciale riguarda la relazione con l’alleanza atlantica. L’Europa più forte e più sicura non deve essere vista come una controparte degli Stati Uniti, ma piuttosto come un partner più affidabile e influente. La creazione di una difesa comune europea, quindi, non solo rafforzerebbe l’Unione, ma consoliderebbe anche la sua posizione all’interno della NATO, aumentando il peso politico e militare dell’Europa nelle sfide globali.

Il Ruolo del Commissario Europeo

Per realizzare una difesa europea più forte, sarebbe necessario anche un commissario europeo ad hoc, che avesse il mandato di coordinare le politiche di difesa e sicurezza in modo più efficace. Per Cingolani, una figura come Mario Draghi, con le sue competenze e la sua esperienza, sarebbe il candidato ideale per ricoprire un ruolo di guida in questo contesto. Tuttavia, data la sua statura internazionale, l’ex premier italiano sarebbe più utile in ruoli apicali, capaci di influire concretamente sulle politiche di sicurezza globali.

Il percorso verso una difesa europea unita è ancora lungo e ricco di ostacoli, ma l’urgenza della situazione attuale potrebbe finalmente spingere gli stati membri a mettere da parte egoismi nazionali per abbracciare una visione comune di sicurezza. Con investimenti condivisi, un coordinamento più stretto tra le industrie di difesa e una politica comune, l’Europa potrebbe non solo rafforzare la propria sicurezza, ma anche essere un attore globale più influente nelle questioni di geopolitica e difesa.


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