Nell’attuale panorama energetico globale, l’idrogeno emerge come una soluzione cruciale per affrontare le sfide della sostenibilità e della decarbonizzazione. Tuttavia, almeno per quanto riguarda l’Italia, il cammino verso l’adozione diffusa di questo vettore energetico non è privo di ostacoli, sebbene il governo italiano, con il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, sia impegnato nel comporre il complesso mosaico dello sviluppo dell’idrogeno, con l’obiettivo di renderne competitivo il costo e superare le difficoltà legate alle diverse varianti di produzione.
L’idrogeno grigio, prodotto da fonti fossili, l’idrogeno blu, che combina la produzione del primo con la cattura e lo stoccaggio del carbonio, e l’idrogeno verde, generato da fonti rinnovabili, presentano costi variabili che ne influenzano l’adozione. Per questo motivo, la Strategia Nazionale dell’Idrogeno, presentata di recente, delinea tre scenari di diffusione basati sulla maggiore o minore penetrazione del vettore. L’obiettivo è facilitare la realizzazione dei primi progetti di produzione di idrogeno previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), con una scadenza operativa fissata per il 2026.
Nonostante l’attenzione agli obiettivi e alle scadenze, gli operatori del settore hanno espresso preoccupazioni riguardo ai tempi stretti e alla complessità dei progetti. Il Pnrr dedica 2,9 miliardi di euro allo sviluppo dell’idrogeno, distribuiti tra sei linee di investimento, con oltre 2,2 miliardi gestiti dal ministero dell’Ambiente. Tra questi investimenti, le hydrogen valleys, l’utilizzo dell’idrogeno nei settori hard to abate, gli elettrolizzatori, la ricerca e sviluppo, e la sperimentazione per il trasporto ferroviario e stradale sono le aree principali di intervento.
Le Hydrogen Valleys, in particolare, rappresentano un’opportunità significativa per la produzione di idrogeno rinnovabile in aree industriali dismesse. Grazie al supporto del RepowerEu, il numero di progetti finanziati è aumentato, con l’obiettivo di completare almeno dieci progetti di produzione entro il 30 giugno 2026. Tuttavia, la complessità della realizzazione e la necessità di una strategia chiara per la competitività dei costi rappresentano sfide importanti.
La costruzione di elettrolizzatori è un altro aspetto cruciale del piano. I finanziamenti sono suddivisi in tre flussi, uno dei quali è destinato ai progetti di interesse comune europeo (Ipcei). La selezione dei progetti mira a garantire una catena del valore completa per l’idrogeno, ma la realizzazione concreta è ancora in fase iniziale.
Per quanto riguarda i settori cosidetti “hard to abate”, che richiedono un miliardo di euro per sostituire almeno il 10% del metano e dei combustibili fossili, finora sono stati concessi poco più di 10 milioni di euro. Il Ministero dell’Ambiente ha fornito supporto ad hoc per assicurare una corretta predisposizione delle attività amministrative e legali, ma la transizione dal metano all’idrogeno verde rimane complessa.
Il settore della ricerca e sviluppo vede l’Italia impegnata in almeno dieci progetti entro il 2026, focalizzati sulla produzione di idrogeno verde, tecnologie innovative per lo stoccaggio e il trasporto. Anche qui, i provvedimenti di concessione sono stati adottati, ma l’attività realizzativa è ancora agli inizi.
L’Osservatorio sul mercato internazionale dell’idrogeno di Agici ha evidenziato il rischio che gran parte degli sforzi rimanga sulla carta, con scadenze stringenti e insostenibilità economica dei business model. Stefano Clerici, direttore dell’Osservatorio, auspica che l’introduzione di incentivi per coprire i costi operativi e la strategia nazionale possano contribuire allo sviluppo del mercato in Italia.
Alberto Dossi, presidente di H2IT e Sapio, sottolinea l’importanza di una strategia abilitante per gli investimenti, che delinei scenari di breve e medio termine. Le nuove stazioni di rifornimento e le Hydrogen Valleys dovranno essere realizzate entro il 30 giugno 2026, una scadenza che, secondo Dossi, rischia di compromettere la realizzazione dei progetti previsti.
In conclusione, possiamo affermare che l’idrogeno rappresenta una componente fondamentale per la transizione energetica, non solo dell’Italia. Tuttavia, per garantire il successo dei progetti e la competitività del costo dell’idrogeno verde, è necessario un impegno coordinato da parte del governo e degli operatori del settore. Solo attraverso una strategia chiara e il superamento delle barriere burocratiche, l’idrogeno potrà svolgere un ruolo chiave nella decarbonizzazione e nella sostenibilità energetica del Paese.
L’idrogeno viene classificato in diverse categorie basate sulle fonti e i processi utilizzati per la sua produzione. Le principali tipologie sono:
Idrogeno Grigio
- Fonte: deriva da combustibili fossili, principalmente dal gas naturale;
- Processo: la produzione avviene attraverso il processo di reforming del metano con vapore (Steam Methane Reforming, SMR);
- Emissioni: genera significative quantità di anidride carbonica (CO2) come sottoprodotto, che vengono rilasciate nell’atmosfera;
- Considerazioni: È attualmente la forma più economica e più comune di produzione di idrogeno, ma è anche la meno ecologica a causa delle elevate emissioni di CO2.
Idrogeno Blu
- Fonte: come l’idrogeno grigio, viene prodotto da combustibili fossili;
- Processo: anche in questo caso, la produzione avviene attraverso il reforming del metano, ma include tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio (Carbon Capture and Storage, CCS);
- Emissioni: le emissioni di CO2 sono catturate e stoccate, riducendo significativamente l’impatto ambientale rispetto all’idrogeno grigio;
- Considerazioni: é una soluzione intermedia per ridurre le emissioni di CO2 mentre si lavora verso tecnologie di produzione di idrogeno più sostenibili.
Idrogeno Verde
- Fonte: deriva da fonti rinnovabili, come l’energia eolica, solare o idroelettrica;
- Processo: viene prodotto tramite elettrolisi dell’acqua, un processo che utilizza elettricità rinnovabile per separare l’acqua in idrogeno e ossigeno;
- Emissioni: non genera emissioni di CO2 durante la produzione.
- Considerazioni: é la forma più sostenibile di produzione di idrogeno, ma attualmente è anche la più costosa a causa delle elevate spese di investimento iniziali e dei costi associati alla produzione di energia rinnovabile.
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