Donald Trump, sempre imprevedibile come un lancio di dadi su un tavolo di Las Vegas, ha sorpreso ancora una volta con un annuncio che sembra uscito da un episodio distopico di “Black Mirror“. Sì, ha deciso di nominare David Sacks, venture capitalist e podcaster, come il nuovo zar o dovremmo dire czar dell’intelligenza artificiale e delle criptovalute. Per chi non lo conoscesse, Sacks è un tipo che potrebbe tranquillamente venderti un’auto usata e convincerti che hai fatto un affare. Non solo è un esperto tecnologico, ma ha anche un talento innato nel parlare di tutto, dalle startup al libero mercato, passando per la libertà di parola.
Trump ha scelto Truth Social, il suo palcoscenico digitale preferito, per proclamare al mondo la nomina. Con il suo solito tono iperbolico, ha affermato che Sacks aiuterà l’America a diventare la number one indiscussa sia nell’IA che nelle criptovalute. Lo farà definendo “un quadro giuridico per aiutare le criptovalute a prosperare”, che tradotto dal trumpese significa probabilmente mettere in piedi qualcosa che assomigli più a un Far West regolamentare che a un solido sistema di norme.
E poi, come se fosse un supereroe con più poteri di un algoritmo di ChatGPT, Sacks dovrà anche “proteggere la libertà di parola online” e combattere il “pregiudizio e la censura delle Big Tech”. Una missione che fa sembrare la trama di un film Marvel roba da dilettanti.
Ma chi è questo David Sacks, oltre che il nuovo salvatore digitale dell’America secondo Trump? Per cominciare, è uno dei donatori di punta della campagna del tycoon. Coincidenza? Forse, ma non facciamoci illusioni. Sacks è un uomo d’affari con un curriculum lungo come un algoritmo: è stato fondatore di Yammer, una sorta di Facebook per gli uffici, e uno dei membri della leggendaria PayPal Mafia, quel club esclusivo di nerd miliardari che comprende gente come Elon Musk e Peter Thiel. Ma è noto soprattutto per essere uno dei conduttori dell’All-In Podcast, dove insieme ad altri tre magnati discute di tutto ciò che può far tremare i mercati o far venire il mal di testa a un comune mortale.
Ora, l’idea che Sacks possa diventare una figura chiave nella Casa Bianca trumpiana suona come una di quelle barzellette che inizi con “un podcaster, un venture capitalist e un ex presidente entrano in un bar”. Ma non dimentichiamo che viviamo in tempi dove la realtà ha superato ogni parodia.
La sua critica feroce alla censura tecnologica e il suo impegno per la libertà di parola sono sicuramente in linea con la narrativa trumpiana, ma viene da chiedersi: cosa succederà quando gli interessi delle grandi piattaforme entreranno in conflitto con i progetti regolatori di questo zar? E soprattutto, in che modo la sua passione per le criptovalute si tradurrà in politiche concrete? Speriamo che non diventi una scusa per trasformare la Casa Bianca in un casinò blockchain.
Un dettaglio che lascia perplessi è il modo in cui questa nomina si inserisce nella strategia politica più ampia di Trump. La scelta di Sacks non è solo un riconoscimento al potere delle tecnologie emergenti, ma anche un segnale ai suoi sostenitori più libertari e scettici nei confronti delle Big Tech. È un modo per dire: “Guardate, ho capito la Silicon Valley, e adesso ho uno dei loro al mio fianco”.
Insomma, la partita è appena iniziata, e con Trump come regista possiamo aspettarci colpi di scena degni di un thriller. Ma una cosa è certa: con David Sacks come zar, il futuro tecnologico dell’America sarà tutto tranne che noioso. O almeno, così speriamo.