È pari a 760 milioni di euro il valore del mercato italiano dell’Intelligenza Artificiale che, per il 90%, è costituito dalle grandi imprese che, per la maggior parte, 61% hanno attivo un progetto in ambito AI. Marginale invece il ruolo delle Pmi e della Pubblica Amministrazione. Sono questi i dati che emergono da una ricerca condotta su scala internazionale e sul mercato italiano dell’AI da Hotwire.

Interessanti anche i dati relativi all’indice di maturità delle aziende nell’adozione dell’AI: l’11% infatti è “avanguardista”, il 23% è “apprendista” mentre, per il 66% dei casi, si tratta di aziende che non percepiscono come rilevante il tema.

Dai dati della ricerca, che sono stati presentati da Beatrice Agostinacchio, Managing Director Italia e Spagna di Hotwire, emerge anche che solo il 22% delle organizzazioni in Italia ha un piano definito in termini di Intelligenza Artificiale e allineato al piano strategico aziendale, sebbene il 25% delle aziende dichiari comunque di considerare l’efficienza dei processi come la motivazione principale per l’implementazione di sistemi di AI.

Da questo punto di vista dal report di Hotwire si legge un ammonimento alle aziende: attenzione a considerare l’adozione dell’AI in azienda solo come uno strumento per migliorare l’efficienza, perché, concentrarsi solo su questo aspetto, potrebbe limitare il potenziale complessivo di innovazione, vantaggio competitivo e crescita del marchio che i tool di AI sono in grado di offrire, partendo ad esempio dal punto di vista del marketing, della comunicazione e, più in generale, della relazione tra brand e consumatore.

Beatrice Agostinacchio, Managing Director Italia e Spagna, Hotwire

“È chiaro ormai che l’intelligenza artificiale è un dato di fatto con cui ormai tutti noi dobbiamo fare i conti e i brand non possono essere da meno. Ma attenzione, nell’utilizzo dell’AI ci sono quattro valori chiave che caratterizzano il rapporto tra consumatore e marchio”, ha poi tenuto a precisare la managing director di Hotwire, che sono:

  • Autonomia: consente alle persone di avere maggiore controllo su sé stessi e sulle circostanze, al fine di prendere decisioni consapevoli;
  • Riconoscimento: assicura che i clienti ti si sentano ascoltati e apprezzati per il proprio contributo;
  • Impatto: consente ai marchi di supportare i clienti nell’intraprendere iniziative che possano migliorare la vita dei clienti in termini sociali, etici e ambientali;
  • Intimità: favorisce relazioni che siano più profonde e autentiche, non solo personalizzate.


Dall’industria della moda e del beauty vengono alcuni esempi di come si posa utilizzare l’AI generativa per consentire ai consumatori di effettuare scelte più consapevoli. I camerini virtuali sono ormai comuni sui siti web dei brand fashion di ogni fascia di prezzo, mentre Sephora, attraverso Sephora Virtual Artist, offre tutorial personalizzati che utilizzano il volto del cliente per insegnargli come applicare il trucco in maniera professionale valorizzando i propri punti di forza. Ma ancora anche aziende come Coca Cola utilizzano tool di AI per coinvolgere i consumatori nel processo creativo invitandoli a creare opere originali, utilizzando elementi iconici del brand grazie all’integrazione di GPT-4 e DALL-E di OpenAI.

L’IA generativa è più di un mezzo per migliorare le operation”, conclude Beatrice Agostinacchio. “Quando i marchi guardano oltre l’efficienza facendo leva sul pieno potenziale dell’intelligenza artificiale per arricchire la customer experience, consolidare la fiducia nel brand e posizionarsi come leader, la loro reputazione cresce esponenzialmente. Comprendere a che punto ci si trova e come poter migliorare il proprio approccio consente alle aziende di coltivare relazioni più forti e autentiche con clienti e società, generando contestualmente risultati significativi in termini di fidelizzazione e revenue”.

Certo di pari passo con la massiccia adozione dell’IA generativa da parte dei marchi ci sono anche le responsabilità: sfide come la privacy dei dati, la trasparenza, l’impatto ambientale e i pregiudizi impongono ai brand di adottare framework etici che mettano al primo posto il consenso informato e autentico, insieme a pratiche trasparenti nella gestione dei dati.

Tuttavia, si legge nel report La narrazione di marca nell’era dell’IA, affrontando questi temi in modo proattivo, i marchi possono rispondere alle aspettative dei clienti in termini di utilizzo responsabile della tecnologia, stabilendo al contempo nuovi standard di settore per le pratiche etiche nell’AI.


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